La
Caritas denuncia l’aumento delle guerre nel mondo
Presso il Conference
Centre di Expo di Milano è stato presentato il quinto rapporto sui
conflitti
dimenticati, ‘Cibo di
guerra’, curato da Caritas Italiana, che in questa edizione indaga
in modo specifico il reciproco condizionamento tra conflitti bellici
e beni alimentari.
L’analisi del testo
offre spunti per capire come fare della terra una ‘tavola di pace’
alla luce dell’Enciclica ‘Laudato si’ con approfondimenti e
piste d’indagine, in un quadro di crescente influsso delle guerre
contemporanee, che sempre più spesso ci toccano da vicino, se non
altro tramite le vicende e i racconti di ondate di profughi.
Nella seconda parte del
volume sono presentati i principali risultati di due rilevazioni sul
campo: la
prima rilevazione
riguarda uno studio sulla presenza e le storie di vita delle persone
in fuga dalla
guerra, accolte nelle
chiese locali, grazie anche al circuito delle Caritas; mentre la
seconda rilevazione ha come tema l’uso dei ‘video di guerra’
nei canali tematici di Youtube.
Si tratta del primo
studio su tale aspetto condotto dall’osservatorio sui conflitti
dimenticati, che ha
sempre dedicato grande
attenzione alla dimensione della comunicazione sociale: la carta
stampata, i social network, ma
anche televisione e radio.
La ricerca si è
concentrata sui contenuti video pubblicati su YouTube da Russia Today
, Vice News, Cnn e Al Jazeera English, nel corso di una settimana
campione (febbraio 2015).
In totale sono stati
esaminati 428 video. L’esame dei dati dimostra che l’attenzione
ai conflitti è molto forte: le notizie sui conflitti superano in
alcuni casi il 50% di tutte le notizie video trasmesse sui canali
Youtube di tali testate (è il caso di Al Jazeera English). Infine
nella terza parte ci sono proposte e linee di intervento sul tema del
conflitto e del problema alimentare, rivolte ai principali attori,
pubblici e privati.
Sono emersi due
interrogativi di fondo: in che misura la guerra può essere
determinata da fattori legati alla produzione, distribuzione e
consumo del bene alimentare e che tipo di conseguenze sono prodotte
dai conflitti in riferimento alla malnutrizione e alla cattiva
distribuzione delle risorse alimentari. In altri termini ci si
chiede se fame, aiuti alimentari, terreni accaparrati, giochi di
borsa sono cause o effetti delle guerre.
Dopo anni di segno
positivo, gli indicatori che misurano il grado di ‘pacificità’
del pianeta iniziano
infatti a puntare verso
il basso. L’intensità di buona parte dei conflitti intrastatali
combattuti a diverse latitudini del pianeta sta infatti aumentando di
livello, con un significativo coinvolgimento della popolazione civile
e un crescente ricorso all’impiego di tattiche tipiche
dell’azione terroristica.
La gran parte degli
attacchi, negli ultimi anni, ha avuto luogo in 5 paesi: Iraq, Siria,
Afghanistan,
Pakistan e Nigeria,
coinvolgendo sempre di più scuole e università, giovani studenti,
civili inermi e
innocenti. Più in
generale nei vari conflitti, nell’ultimo decennio, si è passati
da una media di 21.000 a 38.000 morti annui. Africa e Asia sono i
continenti maggiormente instabili a livello globale. In essi la
mancanza di cibo e le guerre si intersecano in un mix letale, con
l’inevitabile riflesso migratorio su scala planetaria.
Tutte le guerre,
rileva il Rapporto, indossano ‘maschere’, che spesso vengono
confuse con le cause vere del conflitto: al primo posto quella
religiosa.
L’altra indagine
contenuta nel Rapporto rileva la presenza di profughi in fuga da
guerre nei Centri d’ascolto Caritas di 50 diocesi (ottobre
2014marzo2015): il 20% è fuggito dal conflitto in Libia, il 12,1%
dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina, il 7,1% dal Gambia. Il 33%
vive in istituti o comunità di accoglienza, il 20% ha con sé la
famiglia.
Quasi la metà, il 49,2%,
ha lasciato il proprio Paese nel 2014 e nei primi mesi del 2015. Sono
tutti
giovani, il 71,9% non
supera i 34 anni. Tra i bisogni segnalati, la richiesta di aiuti
materiali (34,1%) e di una abitazione (39,9%).
La conclusione dello
studio è che nel nuovo scenario liquido dell’informazione si
avverte un forte
bisogno di
contestualizzazione e mediazione giornalistica. L’utente che arriva
su YouTube spesso non si chiede su quale canale è arrivato, qual è
la sua agenda politica, da chi è finanziato: preme play, commenta e
condivide il video senza farsi troppe domande: “Invece, ora più
che mai, è richiesta a tutti grande attenzione. Altrimenti è vero
che saremo tutti più informati, ma diventeremo
anche più manipolabili”.
da
Korazym.org
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