La violenza militare può essere ammessa da un punto di vista cristiano? La dottrina della Chiesa
dice di sì, ma solo in caso estremo. Una conferenza organizzata in Vaticano esprime un'opinione
diversa.
I talebani in Afghanistan, Gheddafi in Libia, il regime di Assad in Siria, l'avanzata dello “Stato
islamico”... La domanda se l'uso della violenza sia permesso o addirittura opportuno dal punto di
vista cristiano è più attuale che mai.
La dottrina cattolica tradizionale lo ammette, tuttavia solo a determinate condizioni. Mai questa
idea era stata messa in discussione, ma ora una conferenza vaticana dal titolo “Non violenza e pace giusta” organizzata dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e Pax Christi International, suscita un certo scalpore chiedendo nella dichiarazione finale che sia superato il concetto di “guerra giusta”.
“Noi crediamo che non esista alcuna 'guerra giusta'”, si dice nel documento. “Troppo spesso la 'dottrina della guerra giusta' è stata utilizzata per approvare la guerra piuttosto che per impedirla o limitarla. Il fatto stesso di suggerire che una 'guerra giusta' è possibile mina l'imperativo morale di sviluppare i mezzi e le capacità necessarie per una trasformazione nonviolenta del conflitto”, così è scritto nel documento di due pagine. Che termina con la richiesta “a non più utilizzare né insegnare la teoria della guerra giusta”.
La teoria tradizionale della guerra giusta cita quattro condizioni che devono sussistere affinché la
violenza militare sia giustificata. “Il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità
delle nazioni deve essere durevole, grave e certo”, si dice nel catechismo della Chiesa cattolica.
Altre condizioni sono poi “che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o
inefficaci” e “che ci siano fondate condizioni di successo”. Infine, l'uso delle armi secondo il
catechismo non deve “provocare mali e disordini più gravi del male da eliminare”.
Inoltre il catechismo limita la violenza militare all'autodifesa di un popolo. Tuttavia questo diritto
sussiste solo finché “non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci”.
Comunque la guerra rimane un male in ogni caso anche secondo questa dottrina - cioè anche se è
“giusta” in questo senso.
Questa argomentazione risale al padre della Chiesa Agostino d'Ippona (354-430). Sant'Agostino
reagiva così al crescente numero di soldati romani nella Chiesa. Inoltre si poneva tale problema per
il nuovo status della Chiesa che nel IV secolo era passata da movimento sotterraneo a religione di
stato nell'Impero Romano.
La conferenza vaticana ha avuto un'eco mediatico a livello internazionale: “Pazza idea: la guerra
giusta all'indice” titolava il quotidiano "Il Foglio" e il settimanale statunitense “National Catholic Register” criticava la richiesta di eliminazione di questa dottrina come rottura con il catechismo e un allontanamento da Sant'Agostino.
Papa Francesco non si è finora espresso chiaramente sulla dottrina della guerra giusta, ma riferendosi allo “Stato islamico”, ha detto che è ammesso “fermare” l'aggressore. Ma che questo non può essere fatto con bombardamenti o con una guerra. Occorre intervenire con una corrispondente azione in sintonia con il diritto internazionale.
Alcuni commentatori interpretavano questa affermazione come accettazione di un attacco militare
secondo le linee guida dell'ONU “responsibility to protect” del 2005. In base a queste, sarebbe
legittimo un intervento contro genocidio, pulizia etnica e crimini di guerra. Se con il rifiuto della
dottrina della guerra giusta si intendano inserire anche queste azioni, la dichiarazione finale della
conferenza vaticana non lo specifica.
Estratto da “www.domradio.de” del 22 aprile 2016
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