Una felicità cauta, quasi stupita.
Donne e uomini sorridenti, con il volto scarno segnato dalla guerra e
dalle privazioni. È una delle foto in bianco e nero che possiamo
trovare inserite nei vari manifesti celebrativi dell'anniversario
della Liberazione. Già, è il 25 aprile. Il giorno dell’insurrezione
di Milano, l’ultimatum «arrendersi o perire» intimato ai tedeschi
e ai fascisti, Benito Mussolini che fugge dopo l’incontro con i
capi della Resistenza che gli chiedono la resa senza condizioni. È
il giorno scelto come simbolo della libertà e della rinascita
democratica dopo gli anni della dittatura. Un giorno di festa. Un
giorno di felicità, di orgoglio, di coesione nazionale.
Alcide Cervi, nel ricordare i suoi sette figli uccisi dai fascisti,
con dolore auspicò «che gli italiani si riconoscano fratelli, che
non si facciano dividere dalle bugie e dagli odi, che nasca
finalmente l’unità d’Italia, ma l’unità degli animi, l’unità
dei cuori patriottici». E ancora: «Tanto sacrificio non è valso a
niente, se ancora odio viene acceso tra gli italiani». «Possa il
mio sangue servire», scrisse il capitano di artiglieria Franco
Balbis, come ha ricordato nel suo libro Aldo Cazzullo. Immensi
sacrifici e fiumi di sangue versati invano? No, perché l’Italia è
un Paese libero e democratico, anche se spesso lo dimentica. E il 25
aprile è l’occasione per ricordarlo. Ma dovrebbe essere la
politica, tutta la politica, a fare un bagno di umiltà e di decenza.
A parlare d’ideali e di valori. Perché il fallimento dei partiti è
il fallimento della democrazia. Il degrado del parlamentarismo e
della vita pubblica è linfa per i nostalgici e per chi questa festa
vorrebbe cancellarla. «Il messaggio che ci hanno lasciato i caduti
in quei bellissimi documenti che sono le lettere dei condannati a
morte della Resistenza, era un messaggio di fede in una riforma della
società nella libertà, nella dignità, nella giustizia, nell’odio
per i soprusi, nell’amore dei poveri e degli oppressi. Che cosa ne
abbiamo fatto di questo messaggio? Abbiamo davanti a noi un’Italia
senza fede, incredula, come sempre, in cui dilaga la corruzione, la
sfiducia negli ideali, la rassegnazione di fronte al fatto compiuto,
la furberia e lo spirito di sopraffazione del più forte sul più
debole. Non sono morti per questo coloro che oggi commemoriamo».
Parole pronunciate da Norberto Bobbio il 25 aprile del 1961.
Nell'anniversario della festa della
liberazione, riporto di seguito alcune lettere scritte dai condannati
a morte della resistenza italiana tratte da due libri: il primo è
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (Einaudi,
Torino 1994) di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli. Il secondo è
Muoio innocente. Lettere di caduti della Resistenza a Roma
(Mursia, Milano 1999) di Mario Avagliano e Gabriele Le Moli.
Albino Albico
Di anni 24 – operaio fonditore –
nato a Milano il 24 novembre 1919 -. Prima dell’8 settembre 1943
svolge propaganda e diffonde stampa antifascista – dopo tale data è
uno degli organizzatori del GAP, 113a Brigata Garibaldi, di Baggio
(Milano), del quale diventa comandante -. Arrestato il 28 agosto 1944
da militi della "Muti", nella casa di un compagno, in
seguito a delazione di un collaborazionista infiltratosi nel gruppo
partigiano – tradotto nella sede della "Muti" in Via
Rovello a Milano – torturato – sommariamente processato -.
Fucilato lo stesso 28 agosto 1944, contro il muro di Via Tibaldi 26 a
Milano, con Giovanni Aliffi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale.
Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti,
mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia.
Il sole risplenderà su noi "domani" perché TUTTI riconosceranno che nulla di male abbiamo fatto noi. Voi siate forti come lo sono io e non disperate.
Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene.
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Armando
Amprino (Armando)
Di anni 20 -
meccanico - nato a Coazze (Torino) il 24 maggio 1925 -. Partigiano
della Brigata " Lullo Mongada ", Divisione Autononia "
Sergio De Vitis ", partecipa agli scontri del maggio 1944 nella
Valle di Susa e a numerosi colpi di mano in zona Avigliana (Torino)
-. Catturato nel dicembre 1944 da pattuglia RAU (Reparto Arditi
Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino - tradotto alle Carceri
Nuove di Torino Processato dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia)
di Torino Fucilato il 22 dicembre 1944, al Poligono Nazionale del
Martinetto in Torino da plotone di militi della GNR, con Candido
Dovis.
Dal Carcere, 22 dicembre 1944
Carissimi genitori, parenti e amici tutti,
devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt'e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.
Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí... Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.
Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito. Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.
Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po' di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. la mia roba, datela ai poveri del paese. Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi. Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo. Arrivederci in Paradiso.
Vostro figlio Armando
Viva l'Italia! Viva gli Alpini!
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Aldo Mei
Di anni 32 -
sacerdote - nato a Ruota (Lucca) il 5 marzo 1912 -.Vicario Foraneo
del Vicariato di Monsagrati (Lucca) - aiuta renitenti alla leva e
perseguitati politici - dà ai partigiani assistenza religiosa -.
Arrestato il 2 agosto 1944 nella Chiesa di Fiano, ad opera di
tedeschi, subito dopo la celebrazione della Messa - tradotto a Lucca,
sotto l'imputazione di avere nascosto nella propria abitazione un
giornalista ebreo-. Fucilato alle ore 22 del 4 agosto 1944, da
plotone tedesco, fuori Porta Elisa di Lucca.
4 agosto 1944
Babbo e Mamma,
state tranquilli - sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti: solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte - I° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima, 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti - aver nascosto la radio.
Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio io che non ho voluto vivere che per l'amore!
<< Deus Charitas est>> e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro.....E' l'ora del grande perdono di Dio! Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l'intero mondo rovinato dal peccato - in uno spirituale abbraccio di misericordia. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati - e per la santificazione dei sacerdoti.
Oh! la santificazione dei sacerdoti. Oggi stesso avrei dovuto celebrare Messa per questa intenzione - invece di offrire a Gesù - offro me a Lui, perché faccia tutti santi i suoi ministri, tutti apostoli di carità - e il mio pensiero va anche ai confratelli del Vicariato, che non ho edificato e aiutato come avrei dovuto. Gliene domando umilmente perdono. Mi ricordino tutti al Signore. Sia dato a ciascuno un'offerta di 75 lire per una applicazione di S. Messa a suffragio della povera anima mia.
Almeno 100 Messe che siano celebrate per riparare eventuali omissioni e manchevolezze e a suffragio dell'anima mia.
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Franca Lanzone
Di anni 25 -
casalinga - nata a Savona il 28 settembre 1919 -. Il 1°ottobre 1943
si unisce alla Brigata "Colombo", Divisione "Gramsci",
svolgendovi attività di informatrice e collegatrice e procurando
vettovagliamento alle formazioni di montagna -. Arrestata la sera del
21 ottobre 1944, nella propria casa di Savona, da militi delle
Brigate Nere – tradotta nella Sede della Federazione Fascista di
Savona -. Fucilata il I° novembre 1944, senza processo, da plotone
fascista, nel fossato della Fortezza ex Priamar di Savona, con Paola
Garelli e altri quattro partigiani.
Caro Mario,
sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute. Ricordati i tuoi doveri verso di me, ti ricorderò sempre
Franca
Cara mamma, perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita umana non sarà in grado di adempiere. Ti bacio. La tua
Franca
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