martedì 3 novembre 2015

IO DONNA AL SINODO DEI VESCOVI

..Tre settimane di sinodo...per una donna come me, che ha vissuto il '68 e il femminismo, che ha insegnato in una università statale e ha partecipato a comitati e a gruppi di lavoro di tutti i generi, questa esperienza è stata davvero inedita. Perché, anche se mi è capitato,...di ritrovarmi ad essere l'unica in mezzo a un gruppo di uomini, quegli uomini là almeno avevano qualche dimestichezza con le donne: erano sposati o avevano delle figlie.
Quello che maggiormente mi ha colpito in quei cardinali, quei vescovi e quei preti, era la loro
perfetta ignoranza dell'universo femminile, la loro scarsa conoscenza delle donne, considerate
inferiori, come le suore, che generalmente servivano loro da domestiche...per la stragrande maggioranza, l'imbarazzo provato in presenza di una donna come me era palpabile, soprattutto all'inizio. E comunque, nessun segno di quella galanteria abituale che si trova ancora, in particolare negli uomini di una certa età... Con la massima disinvoltura, mi tagliavano la strada sulle scale e mi passavano allegramente davanti al buffet durante le pause-caffè...
Poi, quando abbiamo cominciato a conoscerci meglio...mi hanno a poco a poco mostrato la loro simpatia...: ero considerata come una mascotte, sempre trattata con paternalismo, anche se potevano avere la mia età, o erano più giovani di me...
Quando, dopo tre o quattro giorni, le guardie svizzere in uniforme incaricate di sorvegliare l'entrata si sono messe sull'attenti davanti a me, mi sono sentita al settimo cielo!
La mia presenza, comunque, era solo tollerata:...non avevo diritto di intervenire,...e non mi era permesso neppure di votare...mi era vietato proporre modifiche al testo sottoposto al dibattito. In teoria, non avrei neanche dovuto parlare...Insomma, tutto contribuiva a far sì che mi sentissi inesistente...Ho anche cercato di condividere le mie impressioni con le poche altre donne presenti al sinodo, ma loro mi guardavano sempre con stupore: per loro, quel trattamento era assolutamente normale. La maggior parte era invitata in quanto membro di una coppia – al momento degli interventi di chiusura ho ascoltato improbabili racconti di matrimonio narrati insieme al marito...Ho capito che le suore, essendo numerose, molto più numerose dei religiosi maschi, fanno paura: se entrano loro, mi si diceva, noi saremo schiacciati. È quindi meglio fare come se non esistessero...
Sotto i miei occhi curiosi e stupefatti, la Chiesa mondiale ha preso corpo e identità. È certo, ci sono
campi distinti tra coloro che vogliono cambiare le cose e coloro che vogliono semplicemente
difendere lo statu quo. E la contrapposizione è molto netta...
Il campo dei conservatori assicura ai poveri fedeli che seguire le norme non è un fardello disumano perché Dio ci aiuta con la sua grazia. Hanno un linguaggio colorito per parlare del matrimonio cristiano, del “canto nuziale”, della “Chiesa domestica”, del “Vangelo della famiglia” - insomma, di una famiglia perfetta che non esiste, ma che le coppie presenti devono testimoniare raccontando la loro storia...
Ci sono più sfumature nel campo dei progressisti. I più audaci arrivano a parlare di donne e di
violenza coniugale. Li si distingue facilmente perché invocano incessantemente la misericordia.
Naturalmente, le famiglie perfette non hanno bisogno di misericordia. “Misericordia” è stata la
parola chiave del sinodo: nel gruppo di lavoro, gli uni lottano per toglierla dai testi, gli altri la
difendono con vigore e cercano al contrario di moltiplicarla...
Ma a poco a poco ho capito che si stava operando un cambiamento profondo: accettare che il
matrimonio sia una vocazione, analogamente alla vita religiosa, è un grande passo avanti. Significa
che la Chiesa riconosce il senso profondo dell'Incarnazione, che ha dato valore spirituale a ciò che
viene dal corpo, e quindi anche alla sessualità considerata come un mezzo spirituale, sia nella
castità che nella vita coniugale. Anche l'insistenza sulla vera intenzione della fede, sulla preparazione al sacramento è molto importante: basta con l'adesione di facciata, senza una scelta in coscienza. Il grande precetto di Gesù, secondo il quale solo l'intenzione del cuore conta, entra progressivamente nella vita pratica. E questo vuol dire che progrediamo in maniera significativa nella comprensione della sua parola. Nelle migliaia di polemiche sulla dottrina e sulla normatività,sembra che non esista niente di tutto questo, ma, guardando più da vicino, il cambiamento è percepibile, ed è senza dubbio positivo.
Durante le lunghe ore di dibattito dell'assemblea, ho osservato, affascinata, l'eleganza ecclesiastica: tutti “in uniforme” con le tonache profilate di viola o di rosso, gli zucchetti dello stesso colore, alcuni con cappe elaborate con lunghi cordoni e bottoni colorati...
È vero che arrivano da tutti gli angoli del mondo, è vero anche che la Chiesa è cattolica:...i vescovi dei paesi anticamente colonizzati parlano la lingua del vecchio conquistatore: il francese,l'inglese, il portoghese. Quelli che vengono dall'Europa dell'est parlano italiano. Mi rendo conto di quanto siano numerosi i vescovi in India e in Africa. Ognuno rappresenta un pezzo di storia e di realtà, sia che parlino di difficoltà concrete o che si accontentino di tirate teoriche a favore della famiglia.
E scopro così che i difensori più rigidi della tradizione sono quegli stessi che vivono nei paesi dove la vita è più difficile per i cristiani, come gli orientali, gli slavi o gli africani. Quelli che hanno conosciuto le persecuzioni comuniste propongono di resistere con lo stesso rigore e la stessa
intransigenza al fascino della modernità; coloro che vivono in paesi tormentati e insanguinati dove
l'identità cristiana è minacciata, pensano che è solo restando saldi sulle regole che si può difendere
la religione contro le minacce di cui è oggetto.
Tranne poche rare eccezioni...tutti parlano un linguaggio autoreferenziale, quasi sempre incomprensibile per chi non appartiene alla ristretta cerchia clericale:“affettività” per dire“sessualità”, “naturale” per dire “non modificabile”, “sessualità matura”, “arte dell'accompagnamento”... Quasi tutti sono convinti che sia sufficiente seguire buoni corsi di preparazione al matrimonio e forse anche un po' di catechismo prima delle nozze per superare tutte le difficoltà.
Eppure, dal mondo reale sorgono tante situazioni diverse e complesse. In particolare la questione
dei matrimoni misti che si ritrova ovunque nel mondo. I problemi sono molteplici e vari, ma ce n'è
uno che è presente in tutti i casi: la religione cattolica è la sola a porre l'indissolubilità del matrimonio. E quindi i poveri cattolici si ritrovano spesso abbandonati e nell'impossibilità di
risposarsi... Quanti ecclesiastici difendono con orgoglio le loro famiglie tradizionali senza pensare
che nella maggioranza dei casi si tratta di situazioni che penalizzano le donne.
Ma le donne sono quasi invisibili. E quando ne parlo, con forza, nei miei interventi, lamentandomi
della loro assenza mentre si tratta di discutere della famiglia, mi trovano “molto coraggiosa” ... applaudita...sono un po' sorpresa, poi capisco che, parlando chiaramente, li ho dispensati dal farlo loro.
Sommersa da queste ondate di sensazioni contraddittorie – tra la collera suscitata da un'evidente
esclusione e la soddisfazione, comunque, di essere lì – non potevo fare a meno di pensare che era
una cosa fuori dal comune partecipare ai nostri giorni ad un'assemblea che si apre con il canto del
Veni Creator Spiritus e termina con il Te Deum. Ma proprio per questa ragione soffro ancor di più
per l'ingiusta esclusione delle donne da una riflessione che, in linea di principio, riguarda il rapporto
dell'umanità nel suo insieme, quindi uomini e donne, con Dio.
di Lucetta Scaraffia in “Le Monde” del 27 ottobre 2015 

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