giovedì 11 agosto 2016

Padre Laurent Stalla-Bourdillon, rettore della Basilica Sainte-Clotilde di Parigi

<<I giornali hanno ripreso e commentato le affermazioni di papa Francesco di ritorno dalla GMG di Cracovia, il 31 luglio 2016: «A me non piace parlare di violenza islamica, perché tutti i giorni
quando sfoglio i giornali vedo violenze, anche qui in Italia. (…) Se parlassi di violenza islamica
dovrei parlare anche di violenza cattolica. Gli islamici non sono tutti violenti. I cattolici non sono tutti violenti. (… ) Credo che non sia giusto identificare l’islam con la violenza. Non è giusto e non è vero». Nessuno conosce esattamente il suo grado di competenza in islamologia, forse avrà deluso coloro che immaginavano che Francesco sarebbe stato il giustiziere dell'islam, delle sue usanze, della sua dottrina... Francesco non cede al relativismo, la sua osservazione riguarda semplicemente un'altra realtà.
Secondo il papa, se vogliamo intendere correttamente le sue affermazioni, non sarebbe giusto identificare una religione – qualsiasi religione – con la violenza. Francesco si pone all'opposto di ciò che sentiamo dire molto spesso: «le religioni sono intrinsecamente fonte di violenza».
Naturalmente alcune dottrine religiose possono essere lesive della dignità umana, ma non sono probabilmente da mettere de facto sullo stesso piano. Ma per Francesco, è essenziale comprendere che la violenza è innanzitutto qualcosa di relativo all'uomo, prima di qualsiasi adesione ad una dottrina religiosa...
“Meno religione” non significa meno violenza. E neppure “più religione”. Il problema è un altro: la
violenza è nell'esercizio costante della nostra libertà falsamente convinta di aver raggiunto la verità.
Non avremo nulla da temere dall'effervescenza del sentimento religioso, se sapremo al contempo lavorare insieme e con la ragione alla ricerca della verità. Avremo tutto da temere se all'ignoranza religiosa già diffusa si aggiungesse la rinuncia allo sforzo della ragione.
Sarebbe fondamentale oggi che la nostra società studiasse i meccanismi del credere, costitutivi dell'umano. Piuttosto che battersi per sapere quale dei “libri” sia superiore agli altri, senza più riflettere... Sarebbe inoltre pertinente riflettere sulle attitudini del cuore e dell'intelligenza comuni a tutti, nel discernere la verità e i suoi modi di espressione nella storia.
Questo lavoro è urgente, perché vitale. È il lavoro della ragione, da attuare a partire dalla scuola, fino al Parlamento. Nell'erranza di credenze prive della ragione, l'uomo muore. Allo stesso modo, soffoca sotto il peso di una ragione rinchiusa in se stessa. La ragione salva la fede precisando i criteri di una fiducia che umanizza, e la fede irradia sulla ragione umana la luce dell'umiltà necessaria per aprirsi, scoprire e unirsi alla Ragione divina.>>

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