giovedì 24 dicembre 2015



IL PRESEPE IN CASA NOSTRA C'E'.


E’ giusto difendere pubblicamente il Natale (e ogni altra festa). Negli spazi pubblici, e
quindi anche a scuola, le feste religiose possono essere tutte vissute e raccontate in un clima formativo come scambio di esperienze e ricerca comune. La laicità è inclusiva,espressione delle identità (in dialogo). E’ giusto, quindi, esporre pubblicamente il presepio(o il crocifisso) come segno di un’identità relazionale universale.
Ma i militanti di alcuni partiti o gruppi lo usano per scopi ristretti, contrari al suo significato. Manifestano con uno stile rivendicativo di contrapposizione escludente. Non si può pensare di affondare i barconi di disperati, di gridare contro l’islam, di chiamare alle armi, tenendo il presepe (o il crocifisso) in mano. Tra l’altro, molte esibizioni sono del tutto esterne, agitatorie, estranee alle dinamiche della scuola e del paese. Abbiamo così assistito a troppe polemiche strumentali: dalla Scuola di Rozzano con il suo preside alla Chiesa con il suo Vescovo di Padova, strapazzati da troppe persone con discorsi e atteggiamenti troppo superficiali o tipici di una campagna politica imminente, mentre forse dall'altra parte si cercava solo di far riflettere sul significato di questi simboli straordinari e per certi versi anche universali.















Il nostro presepe parla e rappresenta una storia di povertà (abissale), di accoglienza (mancata) e di vita(gioiosa). A noi che amiamo vivere il nostro essere cristiani, ci ricorda il mistero di un amore infinito.
Non è una “diga identitaria” ma la proposta viva e attuale di una casa accogliente, aperta allo stupore dei “piccoli” (pastori) e dei “popoli” (magi). E’ un invito a cambiare noi, tutti coloro che sono accolti nella nostra casa e una notizia per il mondo con una “tenerezza combattiva”,come continua a ricordarci Papa Francesco (Evangelii gaudium 85).
Agostino e Daniela.





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