sabato 3 gennaio 2015

IL CORAGGIO DEL CONFRONTO

Presentato il “Rapporto finale” della visita apostolica agli Istituti femminili di vita consacrata:racconta le 50 mila suore degli Stati Uniti
Forse l'indagine non era nata sotto i migliori auspici, ma è diventata un'occasione di confronto e
di approfondimento della vitalità dei carismi nel multiforme panorama della vita consacrata al  femminile degli Stati Uniti: è quanto evidenzia il “Rapporto finale della visita apostolica agli Istituti di vita consacrata delle religiose negli Stati Uniti d’America”.
Strutturata in quattro fasi, l’indagine si è svolta dal 2009 e il 2012, coinvolgendo 341 istituti femminili impegnati in ministeri apostolici, sia di diritto diocesano che pontificio: campione ampiamente rappresentativo delle 50 mila religiose degli Usa.
Un visita apostolica “non solo vasta nelle proporzioni – come ha sottolineato il segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, mons. José Rodriguez Carballo – ma anche perché ha esaminato ampiamente le diverse espressioni della vita religiosa apostolica nel Paese”.
La visita si è svolta secondo il modello “della visita di Maria alla cugina Elisabetta” in un rispettoso “dialogo da ‘sorella a sorella’”.  Per questo motivo il dicastero per la vita consacrata ha nominato come visitatrice apostolica madre Mary Clare Millea, delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, coadiuvata da un’equipe di religiose e religiosi scelti da lei, e sulle cui conclusioni si basa il documento finale.
La visita apostolica ha generato non poche resistenze - lo stesso “Rapporto finale” parla di “apprensione e sospetto” -, tanto che ci sono istituti e congregazioni che hanno deciso di non collaborare. Il cardinale Rodè in un’intervista a Radio vaticana, aveva parlato di voci critiche pervenute “riguardo alcune irregolarità o carenze nella vita delle religiose americane” e di “una certa mentalità secolarista che si è propagata in queste famiglie religiose, forse anche un certo spirito femminista”.
“Alcune sorelle più anziane – ha affermato sr. Sharon Holland, presidente della Leadership Conference of women religious” – hanno pensato che il loro lavoro venisse giudicato. Potevamo sentire l’ansia nell’aria”. Ciò nonostante la franchezza del confronto, ha evidenziato sr. Millea, ha permesso di “condividere le ansie così come le speranze per il futuro” ed è diventata "una grande occasione di dialogo non solo per le religiose, ma anche per pastori e laici".
Nella prima fase dell’indagine, 266 superiore generali (il 78% del totale) si sono impegnate volontariamente in un dialogo personale con il visitatore o visitatrice. In seguito, a tutte le superiori maggiori è stato chiesto di compilare un questionario con dati concreti e informazioni sulla qualità della vita spirituale, comunitaria e apostolica dei singoli Istituti. La terza fase ha previsto visite in loco condotte su un campione rappresentativo di 90 istituti religiosi,corrispondenti a circa metà degli istituti religiosi femminili di vita attiva negli Stati Uniti. Nella fase finale è stata presentata al dicastero vaticano da sr. Millea una relazione generale conclusiva sulle questioni principali e sulle tendenze della vita religiosa femminile negli Stati Uniti, insieme a una panoramica di ciascuno degli istituti partecipanti.
Al di là delle differenze che contraddistinguono gli istituti femminili religiosi degli States, “c’è una preoccupazione comune – ha affermato sr. Holland – perché la vita religiosa è in declino. Oggi, piuttosto, occorre curare la formazione di candidate che sono spesso preparate professionalmente, ma mancano di preparazione teologica”. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari degli istituti, ancora, vengono al pettine i nodi di “anni di ministero sottocompensato” con suore che servono in strutture ecclesiastiche e ricevono bassi salari e hanno talvolta perso le loro posizioni a causa di ridimensionamento. Tra le varie sottolineature non ultima emerge la “necessità di una più incisiva presenza delle donne nella Chiesa”.“L’età delle suore avanza, circa 70 anni, e le vocazioni diminuiscono – ha sintetizzato sr. Agnes Mary Donovan, coordinatrice del “Council of Major Superiors of Women Religious” – ma chi è entrato ha potuto beneficiare in questi anni di formazione e della possibilità di sviluppare le proprie qualità di donne”. All'interno delle 125 comunità di membri  quasi il 20% (quasi 1.000) delle suore sono attualmente in formazione iniziale (negli anni precedenti voti perpetui).
L'età media di queste suore è 53 anni, “ben al di sotto del trend generale e questo è motivo di meraviglia e gratitudine”. “La nostra cultura - ha proseguito sr. Donovan - può essere molto ostile verso la fede, e nella migliore delle ipotesi scettica verso la vita religiosa, ma da questo ambiente il Signore chiama con sorpresa donne alla vita consacrata”.
Il “Rapporto finale “ ha l’obiettivo, come è stato evidenziato, di fare da punto di riferimento per l’auto-verifica degli istituti religiosi e per la riflessione ulteriore.
“Gratitudine” è stata espressa dal cardinale Braz de Aviz per “tutto ciò con cui contribuiscono alla missione di evangelizzazione della Chiesa” le religiose degli Stati Uniti delle quali il porporato ha ricordato l’abnegazione con cui si dedicano da sempre alle persone “specialmente povere ed emarginate”. Ha anche ricordato l’apostolato delle religiose nelle scuole cattoliche e come “gran parte del sistema sanitario cattolico negli Stati Uniti, ogni anno a servizio di milioni di persone, è stato creato da congregazioni religiose femminili”. Il cardinale ha anche informato che in linea con le indicazioni del pontefice sul riconoscimento del “genio femminile”, “continueremo a lavorare – ha assicurato - per fare sì che religiose competenti siano attivamente coinvolte nel dialogo religioso rispetto al possibile ruolo della donna lì dove si prendono decisioni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa”.
E rispondendo, infine, alla domanda di una giornalista su una possibile visita apostolica che produca uguali frutti positivi anche per gli istituti religiosi maschili degli Stati Uniti, ha risposto che obiettivo della Congregazione della vita religiosa è “lavorare sempre di più insieme” magari superando la divisione di sigle tra unioni superiori femminili e anche tra maschili e femminili. “Tante persone si mettono insieme per guadagnare soldi anche se sono nemici – ha argomentato -, e noi che abbiamo in comune il Vangelo e Dio non riusciamo a metterci insieme?”.
di Chiara Santomiero.

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi

Archivio blog