venerdì 12 dicembre 2014

RENDERE TESTIMONIANZA ALLA VERITÀ

PENSIERI SUL VANGELO DELLA DOMENICA

Vogliamo essere migliori.Madre Teresa di Calcutta diceva che chi dedica il suo tempo a migliorare se stesso non ha tempo per criticare gli altri.
Un'indicazione ci viene dalla tradizione spirituale cristiana:affondiamo nella nostra vita interiore e così miglioriamo. Non dimentichiamoci che siamo dimora del Dio vivo, del Dio personale che ci ama, e così non possiamo cadere in quella critica verso altri che tanto male fa.
Diceva San Paolo, “Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda” (Tito, 3,3). Non vogliamo essere così. Vogliamo affondare, approfondire il nostro mondo interiore. Quel mondo tante volte temuto e sconosciuto.
E affondando così nella nostra vita potremo affondare e avvicinarci al mistero degli altri, senza cadere nella critica. Perché nell'anima dell'altro abita Dio. Nel più profondo si nasconde la sua verità.
Gesù sapeva gurdare così all'interno dell'anima delle persone con la sua lente di ingrandimento. Non si lasciava impressionare dalle categorie umane, dalla facciata superficiale, guardava l'anima dell'altro, quella del pubblicano, quella della samaritana, quella dell'adultera, quella del buon ladrone pentito, quella di Pietro che piangeva.
Il suo sguardo non si fermava mai all'esteriorità, all'apparenza. Andava più a fondo. Così ha potuto restituire la dignità a molti che pensavano che Dio non volesse avere niente a che fare con loro. 
Dio vuole dimorare in tutti. Magari potessimo consacrare sempre il nostro cuore a Dio, appartenergli interamente. Con i nostri sentimenti e i nostri pensieri, con la nostra vita e le persone che ci sono, con le sue valli e i suoi monti, le sue ferite e i suoi fiumi.
Noi umani abbiamo sempre avuto un gran bisogno di essere valorizzati e riconosciuti nella nostra verità. 
Anzi,ciascuno di noi vuole essere il migliore in ciò che fa, il migliore di tutti i tempi. 
Il desiderio di valere è una forza molto potente. È una pulsione che ci porta a lottare, a dare tutto, a esprimere il meglio che c'è in noi.
Ma questo desiderio di valere, di dimostrare che sappiamo far bene le cose, è così forte che può farci perdere la prospettiva dell'essere con e insieme,fino ad arrivare a non riuscire neppure più a valorizzare le cose più importanti nella vita.
Per ottenere il riconoscimento e l'ammirazione di tutti siamo disposti a qualsiasi cosa. A volte anche a rinunciare all'amore, al rispetto, all'amicizia, alla solidarietà, alla misericordia.
Il desiderio di essere ammirati e tenuti in considerazione è così forte che la vita può però arrivare a chiedere il conto. E così il desiderio può isolarci, può ferire altri, può ferirci nel più profondo.
E alla fine, perché tanto sforzo? A cosa ci serve se finiamo per rimanere da soli? Non so, è la vanità che ci spinge a questo? È l'orgoglio? Può essere. In definitiva, tutta questa lotta ha a che vedere con un attaccamento a volte eccessivo al proprio io.
Anche sul piano religioso possiamo lasciarci trasportare dal questo desiderio di valere, di essere di più. Vogliamo essere quelli che pregano di più, i più profondi, quelli che rispondono a tutti gli appelli,i cristiani migliori. E vogliamo,perché convinti che ci spetti, anche un luogo migliore in cielo per tutta l'eternità. Il posto migliore.
Per quante sciocchezze ci affanniamo spesso. Il nostro io è al centro. Facciamo tutto mossi dal culto dell'io. 
Forse facciamo tutto ciò perché convinti di non essere mai dimenticati.Siamo ossessionati dal fare e dall'essere nella storia. Oppure è il nostro stesso carattere che ci spinge a dover dare tutto, perché generosi. Aggrappati in modo malato a quell'io che cerca sempre più spazio, che non si conforma a nulla, perché nulla soddisfa del tutto il desiderio di pienezza. L'io messo in primo piano. Ma è mai possibile che non ci accorgiamo che così cerchiamo solo noi stessi. Crediamo che con noi cambierà tutto, tutto sarà migliore. Dio sarà orgoglioso dei nostri meriti.
Quando però mi guardo attorno,scopro che la logica umana dice: sei ciò che produci, sei ciò che appari, sei ciò che guadagni, sei ciò che guidi, sei ciò che conti, sei quanto urli.
Un'indicazione ci viene dalla figura di Giovanni il Battista,il quale sa che non è così, che è illusoria e menzognera questa logica, che, mai, siamo ciò che possediamo o facciamo.
Giovanni ha pensato e ha capito, l’attesa spasmodica di un messia hanno creato dentro di lui uno spazio che saprà riconoscerlo e riconoscersi. 
Egli è voce.
Voce, voce prestata ad una Parola, voce che amplifica un’idea non sua, voce, che fa riecheggiare un’intuizione di cui anch'egli è debitore.
Ci immaginiamo sempre di essere dei grandi, di compiere (o scrivere) cose memorabili, di restare nella storia o, perlomeno, nella piccola storia delle persone che amiamo.
Dio ci svela cosa siamo in profondità.
Tu, cosa sei? Cosa dici di te stesso?
Forse sei pazienza, o attesa, o sorriso, o perdono, o sogno, o inquietudine.
Il Vangelo ci svela un Dio che,se lasciamo entrare in noi,che,se lasciamo che sia il nostro grido,la nostra storia,ci aiuta a cogliere la verità di noi stessi.
A.B.


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