martedì 16 dicembre 2014

Nuovi diritti per i pazienti in fin di vita:il dibattito in Francia.
di Marine Lamoureux

La proposta di legge, destinata a riformare il testo del 2005, consacra il diritto dei pazienti ad essere ascoltati e a ricevere sollievo alle loro sofferenze. Resa pubblica venerdì, tale proposta di legge comporta due novità: direttive anticipate vincolanti e un “diritto alla sedazione” in casi precisi. “È giunto il momento di procedere alla votazione di una legge”, ha detto François Hollande venerdì, quando Alain Claeys e Jean Leonetti  gli hanno consegnato le loro conclusioni sul fine vita. Il capo dello Stato ha infatti mostrato la sua determinazione ad applicare l'impegno numero 21 del suo programma, la promessa di “un'assistenza medicalizzata per terminare la propria vita nella dignità”.
Alcuni mesi fa, questi termini potevano far temere la legalizzazione dell'eutanasia o del suicidio assistito. Alla lettura della proposta di legge, frutto di un lungo negoziato, le cose non stanno così. Il testo, che indica la volontà del presidente di lavorare in un clima di pacificazione, si inscrive globalmente nella continuità, rispettando lo spirito di equilibrio della legge 2005 – né eutanasia, né accanimento terapeutico.
Con, tuttavia, un apporto cruciale: i diritti del paziente, certo già consacrati nel 2002 e nel 2005, sono riaffermati in maniera netta. È proprio il paziente ad essere al centro delle decisioni, mentre la legge del 2005, preoccupata di rassicurare i medici sulle loro pratiche, lasciava una certa ambiguità.
Questo approccio si traduce principalmente in due disposizioni. La prima: le direttive anticipate, fino ad ora consultive, si imporranno al medico. Quest'ultimo non potrà derogarvi se non in caso di urgenza vitale e se le direttive si rivelano “manifestamente inappropriate”. Dovrà allora consultare un collega e motivare la sua decisione.
La seconda riguarda la sedazione in fase terminale, cioè quando “la prognosi di vita è a breve termine”. La novità principale del testo è di riunire e di inscrivere chiaramente nella legge le condizioni – spesso già previste, ma in raccomandazioni di buone pratiche – di una sedazione profonda e continua alla fine della vita. L'obiettivo è duplice: rassicurare i pazienti garantendo loro una “morte libera da sofferenze” ed evitare pratiche disparate secondo gli ospedali.
Un “diritto alla sedazione” profonda e continua fino al decesso è così consacrata in tre casi.
Innanzitutto, quando il malato, in fase terminale di una malattia incurabile, soffre di sintomi refrattari, a cui non si può dare sollievo altrimenti. Il malato potrà allora esigere dall'equipe medica di essere addormentato per non soffrire più. In secondo luogo, quando un paziente ha deciso di interrompere tutti i trattamenti che lo mantengono in vita “perché ritiene che essi la prolungano inutilmente, essendo troppo pesanti e essendo durati troppo a lungo”. Essendo stata emessa la sua prognosi di vita, il paziente potrà chiedere di beneficiare di una sedazione fino alla morte. Il terzo caso, infine, riguarda le persone che non sono in grado di esprimere la loro volontà, vittime di un'ostinazione irragionevole.
Un punto molto importante: in tutti e tre i casi, la sedazione dovrà essere associata all'arresto di ogni trattamento, in particolare la nutrizione e l'idratazione artificiali.
Per il presidente della Società francese di accompagnamento e di cure palliative (Sfap), le condizioni poste sono una garanzia contro ogni “deriva eutanasica”. “Il diritto alla sedazione non è un diritto automatico, si resta nel quadro della relazione di fiducia tra il malato e il suo medico”.
Eppure, alcuni si preoccupano. Il movimento “Soulager mais pas tuer” (Dare sollievo ma non uccidere), ritiene che la proposta di legge fa correre un rischio: quello di “favorire in maniera sistematica e disumanizzata l'applicazione di protocolli di fine vita anestetici”, attraverso “un addormentamento anticipato che toglie ogni coscienza e ogni relazione”.
All'opposto, il Partito radicale di sinistra (PRG) e gli ecologisti hanno espresso la loro delusione di fronte a un testo che, secondo loro, non si spinge abbastanza avanti al punto da “legalizzare chiaramente l'aiuto medico a morire”. I Verdi dicono invece di essere favorevoli al suicidio assistito.

Le principali disposizioni del testo sul fine vita
L'ostinazione irragionevole
L'articolo 2 della proposta di legge ricorda che gli atti medici “non devono essere proseguiti con un'ostinazione irragionevole quando appaiono inutili o sproporzionati”. Allo stesso modo “quando i trattamenti hanno l'unico effetto del solo mantenimento artificiale della vita (...), vengono sospesi o non sono iniziati”. 
Questo articolo precisa anche che “la nutrizione e l'idratazione artificiali costituiscono trattamento”.
La sedazione
L'articolo 3 definisce un diritto alla sedazione profonda e continua su richiesta del paziente in due ipotesi: “quando il paziente, colpito da un'affezione grave e incurabile con una prognosi di vita a breve termine, presenta una sofferenza refrattaria al trattamento”, e “quando la decisione del paziente, colpito da un'affezione grave e incurabile, di interrompere un trattamento comporta la sua prognosi di vita a breve termine”.
Inoltre, il medico ricorre a questa sedazione se il paziente non può più esprimere la sua volontà e si trova in uno dei casi di ostinazione irragionevole. L'attuazione della sedazione deve rispettare la procedura collegiale.
Il “duplice effetto”
L'articolo 4 precisa che “ogni persona ha il diritto di ricevere dei trattamenti e delle cure miranti a dare sollievo alla sua sofferenza”. “La sofferenza deve essere in ogni circostanza prevenuta,tenuta in considerazione,valutata e trattata. Il medico mette in atto l'insieme dei trattamenti antalgici e sedativi per rispondere alla sofferenza refrattaria in fase avanzata o terminale, anche se possono avere come effetto di abbreviare la vita”.
I diritti del paziente
L'articolo 5 concorre al rafforzamento dei diritti del paziente: “Ogni persona ha il diritto di rifiutare o di non subire qualsiasi trattamento. L'accompagnamento del malato viene comunque proseguito dal medico,nello specifico il suo accompagnamento palliativo”.“Il professionista della salute ha l'obbligo di rispettare la volontà della persona dopo averla informata delle conseguenze delle sue scelte e della loro gravità. Se, con la sua volontà di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento, la persona mette la sua vita in pericolo, essa deve reiterare la sua decisione entro un termine ragionevole”.
Le direttive anticipate
Queste direttive, dice l'articolo 8, sono“rivedibili e revocabili in qualsiasi momento. Sono redatte secondo un modello il cui contenuto è fissato per decreto (...). Questo modello prevede la situazione della persona a seconda che essa sappia o no di essere colpita da un'affezione grave nel momento in cui redige tali direttive. Esse si impongono al medico per qualsiasi decisione di investigazione, di intervento o di trattamento, salvo in caso di urgenza vitale (...) . Se le direttive anticipate appaiono manifestamente inappropriate, il medico, per sciogliersi dall'obbligo di rispettarle, deve consultare almeno un collega e motivare la sua decisione, che è inscritta nel dossier medico. Il loro accesso è facilitato da una menzione scritta sulla 'carta vitale'.” In assenza di direttive anticipate, la persona di fiducia viene consultata per prima.

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