sabato 11 giugno 2022

Presidente Pax Christi: la Chiesa condanna le armi, che non portano pace ma morte e povertà

«La corsa agli armamenti anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa… costituisce in realtà un furto, perché i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni o dei blocchi meglio favoriti. La contraddizione manifesta tra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (Paesi in via di sviluppo, emarginati e poveri delle società abbienti) costituisce già un’aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame».

Ho voluto iniziare questa mia riflessione citando un documento del 3 giugno 1976: La Santa Sede e il disarmo generale. Sono passati 46 anni, ma è ancora un testo di grande attualità. Per tutti. Per i credenti, a cominciare da noi pastori, e per tutte le donne e gli uomini che vogliono la pace. Sono parole nette, chiare e taglienti: aggressione che si fa crimine. Condanna che si riallaccia a tutta la tradizione del Magistero della Chiesa. Penso a papa Benedetto XV che nel 1917 definì la guerra che era in corso una «inutile strage». E penso anche ai numerosissimi interventi di papa Francesco, ad esempio il 24 marzo scorso: «Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta adesso… la pazzia, eh? La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, come adesso, no?, un mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali». E quante volte parlando della guerra Francesco ha usato parole come: ripugnante, disumana, barbara, sacrilega. La corsa agli armamenti e le spese militari portano alla strage folle della guerra.

Secondo dati autorevoli del Sipri, nel 2021 la spesa militare nel mondo ha raggiunto la cifra di 2.113 miliardi di dollari. Non ci sono parole! È davvero una follia! E qui in Italia il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza, solo 19 contrari, un ordine del giorno che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil. Che vuol dire passare dagli attuali 68 milioni di euro al giorno a circa 104 milioni di euro al giorno: 36 miliardi annui! E tutto sullo scenario orrendo della guerra in Ucraina, che diventa quasi occasione di stimolo a investire ancor di più in armi. Altro che pace! E, infatti, sentiamo risuonare sempre di più, per bocca di politici e commentatori vari, la tetra e sanguinosa frase degli antichi «Si vis pacem, para bellum». Sì, davvero stiamo preparando nuove guerre. Forse vogliamo andare verso la Terza guerra mondiale? Anche con le bombe atomiche, presenti sul territorio italiano a Ghedi e Aviano?

E non ci vuole grande intelligenza per capire che tutti questi soldi investiti per le armi vengono inevitabilmente sottratti ad altre esigenze fondamentali per la comunità: sanità, scuola, lavoro, ambiente ecc. Ora addirittura abbiamo sentito la proposta di togliere l’Iva alle armi. Siamo travolti sia a livello nazionale che a livello mondiale da un’economia sempre più armata. Dove i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Ce lo ricordava già Paolo VI nella Populorum progressio del 1967 al n. 53: «Quando tanti popoli hanno fame ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi».

Purtroppo i politici sanno “girare bene la frittata” e arrivano anche a dire – come il Sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (un anno fa circa, a proposito degli aerei caccia F-35 dal costo di circa 150 milioni di euro l’uno): «Gli F-35 possono anche essere sistemi di difesa e utilizzati a scopi civili». Come si può dire questo? Giustificare una spesa così folle mascherata con improbabili e impossibili usi civili? Certo siamo chiamati a testimoniare la speranza, e la pace è più forte della guerra. Penso, ad esempio, anche con l’adesione alla campagna banchearmate.org, che invita a scrivere alla propria banca, chiedendo se è coinvolta nel traffico di armi. E, in caso affermativo, arrivare anche a chiudere il proprio conto presso quell’Istituto bancario.

Sono giorni di dolore e di pianto. Un pianto che ci chiede di denunciare i grandi interessi… come affermava papa Francesco a Redipuglia il 13 settembre 2014: «Anche oggi le vittime sono tante Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!». Siamo invitati a non tacere, a «obbedire a Dio invece che agli uomini» (At 5).

Credo sia un imperativo morale per tutta la Chiesa: rendere ragione della speranza che è in noi. Come ci ricordava don Tonino Bello, ora venerabile, già presidente di Pax Christi, all’Arena di Verona il 30 aprile 1989: «Se non abbiamo la forza di dire che le armi non solo non si devono vendere ma neppure costruire, che la nonviolenza attiva è criterio di prassi cristiana, che certe forme di obiezione sono segno di un amore più grande per la città terrena se non abbiamo la forza di dire tutto questo, rimarremo lucignoli fumiganti invece che essere ceri pasquali».

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Pubblicato su Vita Pastorale di giugno: Giovanni Ricchiuti (Pax Christi)

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