giovedì 3 novembre 2016

ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE

Qualcuno ha detto che Papa Francesco ha avuto una correzione di rotta in quanto ha parlato di «prudenza» nell'accogliere i rifugiati, e ancor più i migranti. Ma più che un ripensamento, credo che sia una specificazione importante. Francesco ha fatto bene ad ammonirci a non chiudere il nostro cuore. E poi un conto è accogliere e integrare; un altro è incoraggiare un flusso imponente, che alimenta anche traffici criminali. Per questo l’intervento a bordo del volo papale di ritorno dalla Svezia ha aiutato a dissipare un possibile equivoco. Anche perché, accanto ai sentimenti dei nuovi arrivati, Bergoglio mostra di tener conto anche di quelli degli italiani.
Rifugiati e migranti non arrivano in un Paese prospero, coeso, sereno. Si affacciano in un’Italia che vive un vero e proprio dopoguerra. La crisi ha lacerato in modo devastante il tessuto industriale e sociale, soprattutto al Nord, soprattutto in provincia. Il terremoto infinito e diffuso del Centro Italia assorbe risorse ed energie della Protezione civile. In queste circostanze, è quasi miracolosa la generosità con cui il Paese — a cominciare dall'avamposto di Lampedusa — ha salvato e accolto centinaia di migliaia di stranieri, nel disinteresse pressoché totale dell’Europa. L’accordo sulla ripartizione delle quote dei migranti è stato vergognosamente disatteso. Sui media tende a prevalere una visione irenica e spensierata dell’immigrazione, tipica di un’élite per cui gli stranieri sono colf a basso costo e chef di ristoranti etnici. 
Ecco perché le parole che abbiamo ascoltato da Papa Francesco sono state molto preziose.

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<<La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza. E non soltanto ricevere, ma integrare, cercare subito casa, scuola, lavoro… integrare in un popolo. Quanti abitanti ha la Svezia? Nove milioni? Di questi 9 milioni – mi hanno detto – 850 mila sarebbero “nuovi svedesi”, cioè migranti o rifugiati o i loro figli. Questa è la prima cosa. Secondo: si deve distinguere tra migrante e rifugiato, no? Il migrante dev'essere trattato con certe regole perché migrare è un diritto ma è un diritto molto regolato. Invece, essere rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, di fame, di una situazione terribile e lo status di rifugiato ha bisogno di più cura, di più lavoro. Anche in questo, la Svezia sempre ha dato un esempio nel sistemare, nel fare imparare la lingua, la cultura e anche integrare nella cultura. Su questo aspetto dell’integrazione delle culture, non dobbiamo spaventarci, perché l’Europa si è formata con una continua integrazione di culture, tante culture… L’Europa si è formata con le migrazioni… Poi, cosa penso dei Paesi che chiudono le frontiere: credo che in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma ci vuole anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di venti, diciamo così, di integrazione, faccia fino a questo. Un altro di più, faccia di più. Ma sempre il cuore aperto: non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga. Qui, si paga politicamente;  come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare. Perché, qual è il pericolo quando un rifugiato o un migrante – questo vale per tutti e due – non viene integrato, non è integrato? Mi permetto la parola – forse  è un neologismo – si ghettizza, ossia entra in un ghetto. E una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Io credo che il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura, e il miglior consigliere sia la prudenza. Ho parlato con un funzionario del governo svedese, in questi giorni, e mi diceva di qualche difficoltà in questo momento perché ne vengono tanti che non si fa a tempo a sistemarli, trovare scuola, casa, lavoro, imparare la lingua. La prudenza deve fare questo calcolo. Ma la Svezia… io non credo che se la Svezia diminuisce la sua capacità di accoglienza lo faccia per egoismo o perché ha perso quella capacità; se c’è qualcosa del genere è per quest’ultima cosa che ho detto: oggi tanti guardano alla Svezia perché ne conoscono l’accoglienza, ma per sistemarli non c’è il tempo necessario per tutti.>>
Dalla conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalla Svezia

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