martedì 28 gennaio 2014

Rieti, la suora e il suo bambino

Quando succedono cose del genere il cristiano è preso da un senso di conflitto. Da un lato, d'istinto, si vorrebbe lasciar cadere la questione. Siamo tutti peccatori e non abbiamo certo bisogno di "amplificarne" la voce. Dall'altro è un'occasione da non lasciar cadere per poter parlare di alcune cose belle.
Senza dubbio il punto di partenza è di avere un'informazione più ampia e reale sulla suora di Rieti che è diventata mamma,e così si scopre che il parroco della parrocchia Regina Pacis di Rieti, don Fabrizio Borrello, nel commentare l'episodio dice tra le altre cose: «Il bimbo che ha dato alla luce è una creatura di Dio, e ci vuole rispetto per la vita umana. Il Papa per primo ci ricorda che, al di là degli errori, la dignità delle persone va rispettata». Ovviamente, nessun accenno a questo si trova sui siti di grande divulgazione e sui giornali più diffusi (mentre è riportato dal Fatto Quotidiano).
Credo che per un cristiano dovrebbe essere molto più rilevante questa attenzione al bimbo che è nato, che non alla suora che lo ha partorito. Perché la sottolineatura del bene, per noi, dovrebbe avere sempre uno spazio maggiore di quella del male. E si spera, allora, che una parte della reazione della madre superiora, comprensibile sul lato umano, possa diventare diversa: «Ci ha mentito e qui non tornerà». Ok, non tornerà come suora. Ma come donna di fede che appartiene a quella Chiesa? Come madre che chiederà il battesimo per suo figlio? È davvero cristiano mettere distanza rispetto ad un pubblico peccatore che mostra di voler ri-continuare sulla strada della fede? Eppure in questi giorni la reazione più diffusa da parte di molte persone di fede, soprattutto se con qualche livello di responsabilità nella Chiesa, è sempre improntata alla presa di distanza etica da questa suora. Ma davvero la prima preoccupazione dovrebbe essere questa?
Secondo dettaglio. Il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, dopo lo stupore e, ovviamente, la precisazione sul lato etico e giuridico (!) della vicenda aggiunge«La diocesi si prenderà cura della donnaalmeno per i primi tempi». Auguriamoci però che si possano aggiungere anche i secondi tempi, ma sicuramente è già una bella promessa!. Perché troppo spesso capita di vedere preti che hanno "abbandonato" per debolezze umane, dimenticati completamente dalla loro diocesi e che spesso hanno fatto davvero fatica a ritrovarsi anche e soprattutto come uomini.
Ma non ci viene chiesto di distinguere sempre tra peccato e peccatore? E non era forse Gesù che - a differenza dei detentori del potere religioso ebraico - aveva un rapporto tutto speciale coi peccatori?
Questa suora e donna, avrebbe infatti un'opportunità straordinaria di ricomprendere sé stessa e di solidificare il fondamento della sua fede e della sua vocazione, se qualcuno la aiutasse in questo cammino. Perciò, oltre al senso economico dell'aiuto promesso dalla diocesi, speriamo davvero ci sia anche il senso umano e spirituale.
Ecco appunto. Proprio in nome di questo binomio, umano e spirituale, che non può mai essere spezzato in un serio percorso di fede,un terzo dettaglio. La madre superiora e alcune consorelle dichiarano: «Non ci siamo mai accorte di nulla. Come potevamo pensare ad una cosa del genere?». Ora, pur con tutte le attenuanti del caso (l'abito che copre molto, una comunicazione comunitaria fatta soprattutto su un livello mentale e spirituale, il "non essere del mondo" del convento), in tutta onestà si fa fatica a comprendere questo commento se non con una profonda e tragica "svista sull'umano" di questa suora, da parte della sua comunità.
E allora però come si fa a non chiedersi qualcosa su come sono strutturati i percorsi di formazione vocazionali, soprattutto in rapporto alla dimensione umana di chi li percorre? Ma crediamo sia davvero possibile far crescere una vocazione di speciale consacrazione in una persona, senza un'attenzione al suo mondo emozionale ed affettivo, alla cura del proprio corpo come dono Dio? Sarebbe uno scandalo incontrare una consacrata in abiti sportivi che corre in un parco nel rispetto di una sua esigenza tipicamente umana?
A.B.






















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