Le scuse che le donne aspettano
Kiko Arguello spiegherà forse di essere stato frainteso. Ma non c’è molto da interpretare nelle
parole che l’esponente di Cammino Neocatecumenale ha pronunciato sabato scorso dal palco del
Family Day. Non ci sono sofismi possibili quando si afferma che l’uomo abbandonato dalla donna
amata sente istintivamente «il moto di ucciderla». Certo, Arguello non ha mica giustificato il
femminicidio. Ci mancherebbe altro. Le sue parole lasciano però intravedere lo spettro di un
pregiudizio culturale arcaico che decenni di conquiste sociali non hanno abbattuto: la colpa sotto
sotto è della vittima, specialmente se donna. È un punto da tenere a mente quando si punta l’indice
contro l’Islam reo in primo luogo di discriminare l’altra metà del cielo. Così come è da tenere a
mente che la nostra occidentalissima Italia ha abolito il delitto d’onore solamente nel 1981, ossia
ieri.
L’emancipazione femminile al pari di quella politica procede a scatti e non sempre l’aggiornamento
delle leggi va di pari passo con quello dell’opinione pubblica. L’occidente ha ragione di essere fiero
dei suoi progressi. Eppure ascoltando Arguello pare di udire l’eco irritante dell’imam algerino
Hamada, che ha appena chiesto la messa al bando della minigonna, delle autorità pakistane capaci
di scarcerare 8 dei 10 killer di Malala Yousafzai perché in fondo il processo è stato condotto in
modo approssimativo sotto la pressione internazionale, del vicepremier turco Bulent Arinc con la
sua intemerata contro le donne che ridono in pubblico. Al Cairo, capitale mondiale delle molestie
sessuali, una ragazza abusata come la giornalista Hania Moheeb viene invitata a tacere da medici e
poliziotti per non essere stigmatizzata. Il marito di Hania però, uomo libero dai complessi,
l’accompagna in tv a raccontare la violenza del branco accusando la società anziché la moglie.
Se il signor Arguello è stato frainteso lo dica forte e chiaro, altrimenti si scusi con le donne e con
tutti gli altri. Lo scontro delle civiltà vaticinato da Huntington era un falso mito, quello delle
inciviltà invece rischia di diventare routine.
di Francesca Paci
in “La Stampa” del 24 giugno 2015
giovedì 25 giugno 2015
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