domenica 19 aprile 2015

Il Vangelo, al di là della nostra “buona coscienza” e dei nostri sensi di colpa
di Bernard Ginisty
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Da venti secoli, il messaggio di Cristo è trasmesso come un “evangelo”, cioè come una “buona notizia”. Le istituzioni ecclesiastiche che hanno assicurato questa trasmissione hanno troppo spesso trasformato quella che era una buona notizia in una “buona risposta” a dei catechismi e in una fedeltà a delle istituzioni. La buona risposta è il riflesso di una domanda e non acquisisce senso se non in rapporto a dei presupposti culturali e sociali che permettono la sua formulazione. Una “buona notizia” ci apre un campo del tutto diverso. Essa è per definizione inattesa, destabilizzante, forse perfino scandalosa. Ad esempio, san Paolo definisce la vita e la morte di Gesù uno scandalo per la legge ebraica e una follia per la saggezza greca. Lungi dal rientrare in scompartimenti intellettuali, religiosi o morali fissati a priori, Cristo sorprende ed eccede la dimensione delle domande. Per questo ci chiede di restare sentinelle dell'inatteso, di non rinchiudere mai né noi stessi né altri in un giudizio definitivo. In qualsiasi momento, la nostra “buona coscienza” come il nostro senso di colpa possono essere buttati all'aria da una “buona notizia” che, da sola, può evitarci di passare la nostra vita a girare in tondo nello spazio stretto delle nostre teorie, delle nostre morali e dei nostri sistemi di sicurezza.
È nel vissuto quotidiano delle nostre relazioni con gli uomini e non nel culto di astrazioni che battezziamo come “il Bene”, che possiamo liberarci dalla divisione manichea del mondo tra il Bene e il Male che genera le violenze. La vita quotidiana fornisce mille esempi delle nostre difficoltà ad assumere la stessa nostra complessità. Quante volte, nelle discussioni spontanee “da bar”, scopriamo che la simpatia col nostro vicine si manifesta più facilmente quando scopriamo che possiamo denunciare insieme un male o un avversario.
La Bibbia, fin dalla Genesi, ci dice che il peccato “originale” dell'uomo è aver voluto possedere la scienza del Bene e del Male. Il Vangelo continuamente critica questa tentazione dell'uomo di farsi giudice dell'altro. I grandi mistici ce lo insegnano: la lotta spirituale si gioca prima di tutto all'interno di ogni persona e di ogni istituzione. Le religioni non possono più rinviare una riflessione sulle derive mortali dei loro estremisti o le loro collusioni con i nazionalismi. Le società moderne non possono più giustapporre grandi discorsi umanistici e un liberalismo estremo che continua a provocare danni al nostro pianeta e l'aumento delle disuguaglianze nella ripartizione delle ricchezze.
Il Vangelo ci allontana da pensieri e da morali “a buon mercato” per richiamarci incessantemente, con l'apostolo Giovanni: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo” (1Gv 4,20).

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