sabato 25 aprile 2015

25 Aprile. 
Giornata della Liberazione. 
Giornata di Pace. 
Giornata di ricordi.
Giornata di quegli uomini e di quelle donne che ci hanno donato un futuro.
Giornata per ringraziare Giovanni Lo Porto.
Mi faccio aiutare da una riflessione della teologa Adriana Zarri,dove con forza ed energia si ricorda all'uomo contemporaneo che la pace non è lo stare bene,ma una lotta continua con le ferite della vita.
BUONA GIORNATA A TUTTI E UN ABBRACCIO A QUANTI HANNO AMATO GIOVANNI LO PORTO.

"La pace non è una virtù:è il risultato di parecchie virtù:la frugalità,la mancanza di pretese,la fede,la fiducia,l'abbandono.
Cerchiamo,prima di tutto,di sbarazzare il terreno dagli equivoci. La pace non è l'indifferenza,l'apatia,il quieto vivere. C'è,in effetti,chi concepisce la pace in questo modo:destreggiarsi il più abilmente possibile per non avere fastidi. Aggirare gli spigoli,essere condiscendenti e arrendevoli,magari transigendo sui principi; non impegnarsi a fondo,farsi una cuccia calda e ripararla dai venti; vivere i pantofole,come si suol dire. Il risultato di questo studio minuzioso non è la pace:è il quieto vivere,senza grane,senza noie,senza disturbi. A ben pensarci è una sorta di morte. La morte non duole,la morte lascia tranquilli. Ma è forse un'ideale da proporsi?
I padri greci parlavano del vertice della vita interiore,come di uno stato di assoluta calma, al riparo ormai dai turbamenti della vita. Che differenza passa tra questo stato e il quieto vivere di chi non vuole fastidi? La differenza che passa tra la vita e la morte. Quella calma suprema è il risultato del potenziamento vitale,di tutte le energie dello spirito e della grazia che si esaltano in una pienezza di armonia. Il quieto vivere,invece,è l'assopimento di tutte le istanze vitali e morali che si mette al sicuro dai colpi dell'esistenza. Quella è al di là delle crisi esistenziali,questa è al di qua e cerca di evitarle. Ma evitare le crisi e le difficoltà del vivere significa rifiutare la vita e restare bambini. Non è l'infanzia del regno perché il Signore promette la vita eterna a chi <<diventa>> bambino,non già a chi resta in un'immaturità che non vuole crescere; promette il regno a chi riconquista l'infanzia,lo stupore,l'abbandono,la pace dopo le crisi,le tentazioni di pessimismo e di sfiducia che sono il portato normale della vita.
Quando il Signore,nel discorso dell'ultima cena,promette la pace ai suoi discepoli precisa che la pace che dà lui non è la pace che dà il mondo. Perché? Proprio perché la pace che dà il mondo è una scaltra difesa delle ferite della vita,un patteggiamento e un calcolo.
La pace,invece,che ci dà il Signore non conosce queste astuzie,non ci ripara:s'impegna a fondo nella vita,disarmato,disposto a lasciarsi ferire. Il discepolo del Signore non si sottrae a nessun pericolo,a nessuna offesa dell'esistenza,e degli uomini. La sua pace è al di là. E' una pace drammatica,ferita,dolorosa. Le sue radici non sono nella facilità di un'esistenza facile,calcolata,protetta:sono in Dio. Noi sappiamo che Dio ci vede e ci custodisce; che il suo amore è sempre vigile e che nessuna forza del mondo potrà staccarci da lui. Questa è la pace: sapere che è vicino,che ci ama e che noi possiamo amarlo. Credere che ciò che accade è il suo amore,che ciò che ci ferisce è ancora il suo amore. Fidarsi,fargli credito senza domandare perché,sicuri di lui come dell'amico che non tradisce e non tradirà mai.<<Scio cui crededi>> dice San Paolo: so a chi mi sono affidato,a chi ho accordato fiducia. Mi basta. Amen. Questa è la pace."
Adriana Zarri.

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