martedì 21 gennaio 2020

LA LIBERTÀ E' IL MIO PENSIERO!

Duemila studenti in piedi ad applaudire la senatrice a vita Liliana Segre a Milano, invitata al Teatro degli Arcimboldi in occasione delle celebrazioni della Giornata della Memoria. Ai ragazzi ha raccontato il suo calvario: l’esclusione da scuola in seconda elementare nel 1938 in seguito alle leggi razziali, la fuga in Svizzera, il carcere a San Vittore con il padre torturato dalla Gestapo, la deportazione, l’internamento ad Auschwitz-Birkenau. L’ultima volta che vide il padre aveva solo 13 anni. E ancora le «marce della morte» sotto la minaccia dei soldati tedeschi.Infine la liberazione.
Per gli studenti una raccomandazione: «Siate persone libere, dovete pensare con la vostra testa, non con quella di chi grida più forte. I bulli bisogna compiangerli, vanno curati. La vittima è più forte: deve essere coraggiosa e denunciare. Non siate indifferenti nel guardare i gesti del bullo: i nazisti erano i bulli di allora. Erano odiatori, ma non quelli da tastiera di oggi, bensì quelli educati all’odio. A Birkenau c’erano i veri professionisti dell’odio. Hitler non era un pazzo, era un uomo molto intelligente e chissà cosa avrebbe potuto fare se non avesse perso la guerra. Nei campi, tra le file della Gestapo, delle guardie naziste, dei kapò non c’erano pazzi: erano uomini normali che si ritenevano superiori, erano grandi odiatori verso coloro che ritenevano inferiori. Così sono i bulli». Per essere liberi bisogna scegliere da che parte stare, bisogna scegliere la libertà, battersi per poterla scegliere, ha spiegato Segre: «La prima libertà è quella di pensiero: al campo, il mio corpo era prigioniero ma la mia mente no. Ho sempre pensato con la mia testa e così dovete essere anche voi. È la libertà di pensiero che dovete difendere contro l’indifferenza che invece regnò durante la Shoah». Cosa ha significato rinunciare al pensiero critico, nascondersi dietro gli ordini, porre la ragione di stato prima dei diritti, lo ha raccontato Segre: «Non ci fu nemmeno un ferroviere a domandarsi come mai quei treni partivano pieni e tornavano vuoti. Anche gli Alleati non bombardarono le ferrovie, le fabbriche e men che meno i campi di concentramento. Nessuno si occupò di noi e nessuno accettò di sapere la verità di quei campi. Nemmeno quando qualcuno riuscì a scappare e a parlare col primo ministro inglese Churchill per raccontare che cosa stava avvenendo in Europa». Infine ha ammonito: «Non restate indifferenti come gli adulti. Con noi ebrei tutti erano indifferenti, solo i carcerati di San Vittore ci mostrarono pietà».

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