domenica 24 giugno 2018

LA SCUOLA DELLE BEATITUDINI

<<Non è beato chi è religioso, ma chi è povero e mite, chi non è cinico, chi si adopera per la pace, chi ricerca giustizia. Nessun riferimento a una specifica appartenenza ideologica o religiosa. Una parola che non è confinata nei muri delle sagrestie, nei santuari separati dalla vita di tutti i giorni. E per tutti: uomini e donne. Anche in questo nostro tempo così poco incline a puntare in alto.
I forti vengono derisi, i prepotenti abbassati, i santi restituiti all'ordinario della vita. Dio si prende cura di una comunità più vasta di quella rinchiusa nelle nostre chiese: una comunità che abbraccia ogni creatura e mette al centro i poveri e gli afflitti. Ma la povertà, l'inedia e l'afflizione non sono virtù, vie privilegiate per entrare più facilmente in paradiso. Gesù non ama la povertà, non ci chiama a ricercarla come via ascetica per accedere al divino. Ci invita invece a farci carico dei poveri, a prenderci cura dei più deboli per arrivare insieme alla felicità. Poiché non si può essere felici da soli, ma solo insieme! L'autore evidenzia felicemente come le beatitudini siano parola plurale, rivolta non al singolo, a un «tu», ma a un «voi». E questo, quando amiamo, lo intuiamo facilmente. Ci interessa davvero una salvezza che ci separi da coloro che amiamo, dai nostri familiari e dai nostri amici? Possiamo essere felici da soli, senza l'uomo o la donna che amiamo? Senza i nostri figli, i nostri cari? La felicità è collettiva, come del resto la salvezza annunciata dalle Scritture. Di questa parola sapienziale abbiamo particolarmente bisogno, oggi, in un momento storico in cui l'esperimento-vita rischia di essere rattrappito entro i limiti del pensiero strumentale, preoccupato di risolvere in fretta i problemi, di far funzionare la vita, senza più nutrire il sogno di una felicità che non si possa comprare.
Le beatitudini hanno la forza di far sorgere il sospetto che la vita umana possa essere differente da come ci viene mostrata. Che l'umanità possa puntare più in alto. Che la fede possa essere un cantiere di felicità. Avviciniamoci di nuovo al monte da cui Gesù di Nazareth ha osato cantare quel ritornello che abbiamo dimenticato. Riascoltiamo quelle parole di sapienza, lasciandoci guidare dalla mano sicura e sferzante dell'autore. Troveremo acqua viva per i nostri deserti; fuoco di passione.>>
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Estratto dalla prefazione di Lidia Maggi a “Il coraggio di essere felici” di Battista Borsato, EDB 2018

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