mercoledì 4 febbraio 2015

MONS.ROMERO BEATO!

GIANNI VALENTE su VATICAN INSIDER

Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei martiri a promulgare il decreto riguardante il martirio di Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador, ucciso “in odio alla Fede, il 24 marzo 1980”. La disposizione del Papa rappresenta l'ultimo scatto nella sorprendente accelerazione finale che ha segnato l'ultima parte del cammino di Romero verso gli altari: i periti teologi del dicastero vaticano per i santi avevano espresso il loro parere unanime sul riconoscimento del martirio di Romero lo scorso 8 gennaio. Mentre i vescovi e i cardinali della Congregazione hanno manifestato i loro voti positivi proprio oggi. Il placet papale alla promulgazione del decreto era previsto per il prossimo giovedì. Il Papa ha accorciato i tempi  con passo spedito. Una sollecitudine fattiva, che fa contrasto con le lentezze, i sabotaggi e i mezzi insabbiamenti che hanno accompagnato la causa di beatificazione di colui che da tempo i cattolici latinoamericani invocano come “San Romero de America”.

La causa di beatificazione di Romero era approdata a Roma già nel 1996, dopo che in Salvador era stata portata a termine la fase diocesana. Da allora, i tempi si sono dilatati. Nonostante le lettere in cui l’episcopato salvadoregno, superando antiche divisioni, aveva fatto conoscere a Roma i suoi voti unanimi per un rapido riconoscimento del martirio di Romero. E nonostante le numerose petizioni provenienti dai fedeli, che auspicavano di veder beatificato Romero già nell'anno del Giubileo. 

A Roma, operava in quegli anni una influente fazione di alti prelati che ispiravano sotterranee resistenze alla canonizzazione di Romero. Un episodio rivelatore capitò al cardinale Francesco Saverio Nguyen Van Thuan: proprio nel Duemila, predicando gli esercizi spirituali  al Papa e alla Curia romana, il compianto porporato vietnamita aveva ricordato anche Romero tra i grandi testimoni della fede del nostro tempo. E per questo, alla fine della meditazione era stato aspramente rimproverato da alcuni porporati latinoamericani, che lo accusavano di aver esaltato davanti al Papa una figura che ai loro occhi appariva come controversa e “sovversiva”.  Quando, qualche mese dopo, venne pubblicato il libro di quelle meditazioni quaresimali, il nome di monsignor Romero non compariva, neanche in citazioni fugaci, in nessun capitolo.

Per lungo tempo, a giustificare il blocco della causa è stato l'esame realizzato dall'ex Sant'Uffizio sulle omelie, il diario e gli scritti pubblici di monseñor Romero per misurarne la piena conformità alla dottrina cattolica. Lunghi anni e migliaia di pagine passate al setaccio per concludere che nel magistero episcopale di Romero non c'erano errori dottrinali.

In quegli anni, ad assumere un ruolo preponderante nella gestione del dossier-Romero era stato in particolare il cardinale colombiano Alfonso Lòpez Trujillo, a quel tempo influente consultore della Congregazione per la Dottrina della fede, scomparso nel 2008. In quel frangente, alla Congregazione per le cause dei santi erano arrivate disposizioni orientate in senso dilatorio. E da allora, allo stesso dicastero vaticano non è stata fatta arrivare nessuna contro-indicazione in grado di sbloccare lo stand by e far partire sul serio il processo seguendo i passaggi e le procedure ordinari. Nel maggio del 2007, mentre volava in Brasile per il suo primo viaggio latinoamericano, anche Benedetto XVI era stato interpellato sul processo di beatificazione di Romero. Il Papa di allora aveva risposto con una piccola apologia del vescovo ucciso, descrivendolo come «un grande testimone della fede» e ricordandone la morte «veramente incredibile» avvenuta davanti all’altare. Non aveva fatto riferimento alla categoria del martirio, ma aveva detto a chiare lettere che la persona di Romero «è degna di beatificazione». Incredibilmente, quelle parole pronunciate dal Papa davanti alle telecamere e a decine di registratori accesi vennero fatte sparire nelle versioni ufficiali dell’intervista pubblicate sui media vaticani.

Secondo alcuni settori, portare Romero agli onori degli altari equivaleva a beatificare la Teologia della liberazione o addirittura i movimenti popolari d’ispirazione marxista e le guerriglie rivoluzionarie degli anni Settanta. Pregiudizi confutati da tempo anche dagli studi dello storico Roberto Morozzo della Rocca. Romero era un prete devoto e tormentato, che aveva conosciuto una conversione pastorale davanti alle sofferenze strazianti patite dal popolo negli anni della dittatura e degli squadroni della morte.

L'accelerazione impressa alla causa sotto il pontificato di Papa Bergoglio spazza via cautele di comodo e resistenze alimentate da inconfessati pregiudizi di ordine politico. Romero, quello vero, non era l’eversivo agitatore di qualche nuova teoria politica. Anche i suoi interventi più estremi, quando dal pulpito faceva i nomi e cognomi di chi opprimeva il popolo, sgorgavano da quella passione per la sorte dei poveri che è elemento ineliminabile della Tradizione della Chiesa.

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