sabato 14 febbraio 2015

Il cardinale Wuerl risponde a Burke (e ai dissenzienti)


ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
 «Una delle cose che ho imparato è che c'è un filo comune che attraversa tutti questi dissidenti. Essi sono in disaccordo con il Papa, perché lui non è d'accordo con loro e non segue le loro posizioni». È questa la conclusione a cui arriva il cardinale arcivescovo di Washington, Donald Wuerl, in un articolo pubblicato sul suo blog, intitolato «Il Papa, pietra di paragone di fede e unità».

L'oggetto del commento del cardinale statunitense sono coloro che all'interno della Chiesa esprimono il loro dissenso verso il Papa. Wuerl non cita nomi, ma dice di aver ricevuto per posta elettronica «un'intervista» e «un articolo» di «confratelli vescovi». Nei giorni scorsi aveva fatto molto discutere l'intervista del cardinale Leo Raymond Burke con un programma della tv France2, durante la quale il porporato aveva affermato di voler «resistere» al Papa nel caso decidesse di aprire alla possibilità dei sacramenti per i divorziati risposati.

Wuerl racconta di essere stato presente domenica scorsa all'Angelus del Papa, di fronte a decine di migliaia di persone, ricordando come «questo popolarissimo e venerato successore di Pietro» abbia parlato «della tenerezza di Gesù, della sua compassione amorevole e nello stesso tempo del nostro bisogno di essere attenti e compassionevole con gli altri esseri umani». Ma, ha osservato il cardinale, l'ammirazione che si riscontra in ogni parte del mondo nei confronti di Francesco  «non è condivisa da tutti».

Racconta il Cardinale Wuerl che quando era un giovane seminarista,aveva sperimentato per la prima volta il «dissenso dalla dottrina e la prassi di un Papa». Quel Papa era Giovanni XXIII, e l'insegnamento che non venne «bene accolto da tutti» fu l'enciclica Mater et magistra. Uno dei dissenzienti aveva usato un'espressione che ebbe successo in certi circoli: la Chiesa, «madre sì, maestra no». «Insieme a un certo numero di miei compagni di classe, ricordo di essere rimasto scandalizzato da questo rifiuto dell'enciclica».

Nel 1963 san Giovanni XXIII di nuovo divenne oggetto delle ire di quanti non amavano la sua enciclica Pacem in terris, come pure il beato Paolo VI per la sua enciclica Populorum progressio nel 1967 e certamente per la sua enciclica Humanae vitae nel 1968. Il dissenso di alcuni preti verso l'insegnamento dell'Humanae vitae li ha portati a lasciare il loro ministero sacerdotale».

Ma Wuerl aggiunge: «Su un livello molto meno importante, c'è stato un notevole sconcerto tra alcuni nel 1969, quando il Segretario di Stato di Papa Paolo VI ha pubblicato un'istruzione riguardante la veste dei vescovi e dei cardinali. Lo sforzo di razionalizzare e di farla finita con cose quali la cappa magna (il lungo mantello di vescovi e cardinali, con una lunga, lunga coda) sconvolse un po'».

Il cardinale statunitense ricorda che anche il breve pontificato di Papa Luciani «non fu privo di critiche. Alcuni scrissero di aver trovato il suo sorriso non degno di un Papa in quanto diminuiva la gravitas (gravità o serietà) del suo ufficio».

Poi, ricorda ancora Wuerl, arrivò san Giovanni Paolo II. «Tutto ciò che ha scritto ha ricevuto qualche critica, dalle sue encicliche sociali, come Laborem exercens del 1981 o Sollicitudo rei socialis del 1987 o Centesimus annus del 1991, alla sua enciclica sulla permanente validità dello sforzo missionario della Chiesa, Redemptoris missio. Ci sono stati alcuni che continuamente lo hanno criticato per i suoi viaggi, anche se ha aiutato nei suoi quasi 27 anni come Papa a rivitalizzare la Chiesa. Personalmente, ho sempre trovato le critiche di san Giovanni Paolo II particolarmente dolorose perché ho tanto affetto e ammirazione per lui».

Il cardinale ricorda, infine, i dissensi che hanno accompagnato il pontificato di Benedetto XVI, «buono, brillante e santo pastore della Chiesa». Non ci si doveva quindi aspettare che Francesco sarebbe rimasto immune al fenomeno. «Una delle cose che ho imparato in tutti questi anni, a partire da quei primi ingenui giorni del 1961, è che, esaminando più attentamente, si riscontra un filo comune che attraversa tutti questi dissidenti. Essi sono in disaccordo con il Papa, perché lui non è d'accordo con loro e non segue le loro posizioni. Il dissenso è forse qualcosa che avremo sempre, deplorevole in quanto tale, ma avremo anche sempre Pietro e suo successore come una roccia e pietra di paragone della nostra fede e della nostra unità».

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