Ho una breve vacanza da proporvi. Salite sulle alture di Marzabotto, a Casaglia di
Montesole, dove si è consumato uno degli eccidi più efferati della seconda guerra
mondiale:le popolazioni civili tra la fine di settembre ed i primi di ottobre del 1944, sono state massacrate da una ferocia inaudita, la ferocia della guerra totale. Ci sono ancora le mura e l’altare della Chiesa in cui, ucciso il parroco, le SS hanno rinchiuso anche i bambini, prima di esplodere alcune bombe e dare il segnale della carneficina; altri furono condotti nel cimitero e fucilati con raffiche ad altezza di bambino per colpire tutte le vittime.
Nella località don Dossetti, parecchi anni dopo essersi ritirato dalla vita politica, ha fondato
una comunità monastica della “Piccola famiglia dell’Annunziata”, ma molto più emblematicamente l’uomo che ha redatto la prima parte della Costituzione della
Repubblica, è sepolto nella terra del piccolo cimitero della strage. Lui che ha voluto
scrivere e stabilire, con la solennità della Carta costituzionale, che l’Italia ripudia la guerra,
lui che ha voluto trarre dalla tragedia delle popolazioni civili ed inermi l’insegnamento della
crudeltà dei conflitti, ha anche voluto vivere, in uno dei posti testimonianza, gli ultimi anni
della vita ed ha voluto essere sepolto in quei luoghi.
Che dire di un personaggio tanto straordinario, quanto schivo dalla potenza del
mondo; ci sarebbe da ragionare sulla sua idea di politica al servizio della democrazia
sostanziale a favore degli ultimi, ma senza la possibilità di un’elaborazione adeguata si
finirebbe nella retorica di una celebrazione che offenderebbe una memoria che tende a tutt’altra direzione. E' molto bello però respirare la testimonianza dei luoghi che, assieme a tante altre testimonianze della vita del personaggio e della sua attività, costituisce parte essenziale del messaggio.
Il viaggio non si esaurisce qui,perché c'è una seconda meta, molto diversa, ma interpretata da un personaggio che ha dato carne viva, esperienza concreta, alla sensibilità verso gli ultimi.
Disceso dalle alture dell’Emilia e salito, più a sud, nelle località sperdute, nelle alte colline
della Toscana ci sono i luoghi resi celebri da don Lorenzo Milani, presso quella che fu la parrocchia di Barbiana.
Il sacerdote vi fu sostanzialmente esiliato, per aver scritto con sincerità e spirito profetico degli “incidenti” pastorali e dei relativi percorsi inadeguati di una Chiesa chiusa nel suo ruolo istituzionale e nelle sue scelte di potere .
Arrivò a Barbiana nel 1954 e vi rimase fino alla morte (1967) che lo colse in giovane età,
poco più che quarantenne. Dal 1956 dette vita ad una scuola straordinaria, con il preciso intento (accostamento a don Dossetti) di riscattare le popolazioni relegate, senza loro
colpa, nell’ignoranza e farle capaci di partecipazione concreta al progetto di una
democrazia progressiva: una democrazia della consapevolezza. Semplicemente
“innamorato” del suo popolo orientò i giovani alla scuola sottraendoli alla banalità del
consumismo; li invitò alla formazione senza pretendere nulla se non un impegno che
vedeva i suoi alunni occupati per 365 giorni all’anno e 366 negli anni bisestili, senza feste
e per dodici ore circa al giorno.
Quanto ci sarebbe dire del suo metodo didattico che coinvolgeva tutti nell’apprendimento come nell’insegnamento: i più maturi ed i più preparati aiutavano i più piccoli ed i bambini in difficoltà. Ci sarebbe da dire di un insegnamento che con tematiche tratte dalla Costituzione formavano alla consapevolezza civile, alla responsabilità, alla politica come interesse al bene comune, contro l’individualismo e l’interesse personale. Ci sarebbe da dire di uno sforzo straordinario che ha indirizzato parecchi giovani, già relegati ai margini di un sistema scolastico selettivo e discriminante, a posti di alta responsabilità.
E ci sarebbero tante altre riflessioni, ma tutte le vorrei riporre in una “confessione” emblematica del sacerdote ai suoi ragazzi: “ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze ed abbia scritto tutto al suo conto”.
A mio avviso si tratta di una fra le più belle “confessioni” che mi sia dato leggere; di una dichiarazione coerente per un cristiano, interprete di una religione incarnata nella storia e nella vicenda dell’uomo, di una religione che si fa vita: la vita di un Dio che si è fatto uomo per acquistare, con il sacrificio di sé, la salvezza del mondo.
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