giovedì 25 settembre 2014

LA BANALITÀ DEL BENE

Ho una  breve  vacanza da proporvi. Salite  sulle  alture  di  Marzabotto,  a  Casaglia  di 
Montesole,  dove  si  è  consumato  uno  degli  eccidi  più  efferati  della  seconda  guerra 
mondiale:le popolazioni civili tra la fine di settembre ed i primi di ottobre del 1944, sono state massacrate da una ferocia inaudita, la ferocia della guerra totale. Ci sono ancora  le  mura  e  l’altare  della  Chiesa  in  cui,  ucciso  il  parroco,  le  SS  hanno  rinchiuso anche i bambini, prima di esplodere alcune bombe e dare il segnale della carneficina; altri furono condotti nel cimitero e fucilati con raffiche ad altezza di bambino per colpire tutte le vittime. 
Nella località don Dossetti, parecchi anni dopo essersi ritirato dalla vita politica, ha fondato 
una  comunità  monastica  della  “Piccola  famiglia  dell’Annunziata”,  ma  molto  più emblematicamente  l’uomo  che  ha  redatto  la  prima  parte  della  Costituzione  della 
Repubblica,  è  sepolto  nella  terra  del  piccolo  cimitero  della  strage.  Lui  che  ha  voluto 
scrivere e stabilire, con la solennità della Carta costituzionale, che l’Italia ripudia la guerra, 
lui che ha voluto trarre dalla tragedia delle popolazioni civili ed inermi l’insegnamento della 
crudeltà dei conflitti, ha anche voluto vivere, in uno dei posti testimonianza,  gli ultimi anni 
della vita ed ha voluto essere sepolto in quei luoghi. 
Che dire  di  un  personaggio  tanto  straordinario,  quanto  schivo  dalla  potenza  del 
mondo;  ci  sarebbe  da  ragionare  sulla  sua  idea  di  politica  al  servizio  della  democrazia 
sostanziale  a  favore  degli  ultimi,  ma  senza  la  possibilità  di  un’elaborazione  adeguata  si 
finirebbe  nella  retorica di una celebrazione che offenderebbe una  memoria  che  tende  a  tutt’altra  direzione.   E' molto bello però respirare la  testimonianza  dei  luoghi  che, assieme  a  tante  altre  testimonianze  della  vita  del  personaggio  e  della  sua  attività, costituisce parte essenziale del messaggio. 
Il viaggio non si esaurisce qui,perché c'è una seconda meta,  molto  diversa,  ma  interpretata  da  un personaggio  che  ha  dato  carne  viva,  esperienza  concreta,  alla  sensibilità  verso  gli  ultimi. 
Disceso dalle alture dell’Emilia e salito, più a sud, nelle località sperdute, nelle alte colline 
della  Toscana ci sono  i  luoghi  resi  celebri  da  don  Lorenzo  Milani, presso quella che fu la parrocchia di Barbiana. 
Il sacerdote vi fu sostanzialmente esiliato, per  aver  scritto  con  sincerità  e  spirito profetico  degli  “incidenti”  pastorali  e  dei  relativi  percorsi inadeguati  di  una  Chiesa  chiusa  nel  suo  ruolo  istituzionale  e nelle sue scelte di  potere . 
Arrivò a Barbiana nel 1954 e vi rimase fino alla morte (1967) che lo colse in giovane età, 
poco  più  che  quarantenne.  Dal  1956  dette  vita  ad  una  scuola  straordinaria,  con  il  preciso intento  (accostamento  a  don  Dossetti)  di  riscattare  le  popolazioni  relegate,  senza  loro 
colpa,  nell’ignoranza  e  farle  capaci  di  partecipazione  concreta  al  progetto  di  una 
democrazia  progressiva:  una  democrazia  della  consapevolezza.  Semplicemente 
“innamorato”  del  suo  popolo  orientò  i  giovani  alla  scuola  sottraendoli  alla  banalità  del 
consumismo;  li  invitò  alla  formazione  senza  pretendere  nulla  se  non  un  impegno  che 
vedeva i suoi alunni occupati per 365 giorni all’anno e 366 negli anni bisestili, senza feste 
e per dodici ore circa al giorno. 
Quanto ci sarebbe dire del suo  metodo  didattico  che  coinvolgeva  tutti nell’apprendimento  come  nell’insegnamento:  i  più  maturi  ed  i  più  preparati  aiutavano  i  più piccoli ed i bambini in difficoltà. Ci sarebbe da dire di un insegnamento che con tematiche tratte  dalla  Costituzione  formavano  alla  consapevolezza  civile,  alla  responsabilità,  alla politica come interesse al bene comune, contro l’individualismo e l’interesse personale. Ci sarebbe da dire di uno sforzo straordinario che ha indirizzato parecchi giovani, già relegati ai margini di un sistema scolastico selettivo e discriminante, a posti di alta responsabilità. 
E  ci  sarebbero  tante  altre  riflessioni,  ma tutte le vorrei riporre in una “confessione” emblematica del sacerdote ai suoi ragazzi: “ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze ed abbia scritto tutto al suo conto”. 
A  mio  avviso  si  tratta  di  una  fra  le  più  belle  “confessioni”  che  mi  sia  dato  leggere;  di  una dichiarazione  coerente  per  un  cristiano,  interprete  di  una  religione  incarnata  nella storia  e  nella  vicenda  dell’uomo,  di  una  religione  che  si  fa  vita:  la  vita  di  un  Dio  che  si  è fatto uomo per acquistare, con il sacrificio di sé, la salvezza del mondo. 

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