mercoledì 3 settembre 2014

E' SOLO UN PROBLEMA TRA CRISTIANI E MUSSULMANI?


Da quando sui muri delle case e sulle proprietà dei cristiani di Mosul è apparsa la “N” scritta in arabo, è incominciata la caccia all’uomo da uccidere e da affamare. Quella “N”, lettera iniziale del termine “nazareno” usato per indicare i cristiani, ci riporta in uno dei periodi più bui e drammatici della storia dell'uomo, quando gli ebrei in Germania e nei paesi occupati dal nazismo, erano costretti a cucirsi sugli abiti una stella gialla, segno di differenziazione e di umiliazione.
L’attività terroristica del fantomatico “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIS) ha imposto a tutti i cristiani che con coraggio hanno scelto di rimanere nel loro territorio, l’applicazione di una serie di norme fatali: non possono costruire nuovi luoghi di culto e di case religiose, devono lasciare ampia libertà ai loro congiunti se decidono di passare all’islamismo, non devono indossare abiti musulmani e darsi nomi musulmani, non possono esporre crocefissi e testi sacri, devono però versare la “jizya” – la tassa di capitazione – per ottenere protezione dallo Stato islamico.
Tali prescrizioni terroristiche hanno portato i cristiani iracheni ad un bivio: o emigrare o la persecuzione, e molti, per non trovarsi al bivio, hanno abbandonato la religione cristiana.
C’è da chiedersi se l’attuale tragedia sia provocata soltanto da fanatismo religioso o se ci siano anche motivazioni politiche ed economiche che spingono lo Stato islamico ad allargare e a rendere sempre più crudele la persecuzione.
Certo è che motivazioni politiche ce ne sono, se non altro per il fatto che l’ISIS ha avuto le sue prime radici nel movimento di Al Qaeda e nel contatto con tre personaggi molto noti : Osama Bin Laden, il medico egiziano Ayman al-Zawahiri e Abu Musab al-Zarqawi. Personaggi diversi fra loro, talvolta anche in conflitto, ma che hanno contribuito con le loro idee e con i loro comportamenti a costruire una parabola politica che dalla difesa dei territori abitati dai musulmani dall’ingerenza dell’Occidente, è passata all’idea di una guerra civile su larga scala e, da ultimo, alla necessità di creare un Califfato islamico sunnita.

Dal punto di vista economico occorre dire che l’ISIS non ha bisogno di essere aiutato da altri paesi in quanto, nel territorio dove sta operando, ha organizzato un mini-stato largo come Piemonte e Lombardia, raccogliendo denaro attraverso una specie di tassazione imposta. Ma non solo: l’ISIS si permette di vendere energia elettrica al governo siriano, prodotta da centrali sottratte alla Siria stessa, ed è in grado di esportare petrolio della Siria ottenuto con le conquiste militari, esportazione che potrebbe aumentare notevolmente se riuscisse ad impadronirsi dei pozzi sul territorio iracheno.

Dal punto di vista religioso bisogna prendere atto della doppia anima presente nella realtà islamica: se, da un lato, c’è chi sostiene che l’Islam è contrario alla violenza e lo dimostra anche con i fatti, c’è però chi, come gli aderenti all’ISIS, ritengano che la violenza e il terrorismo di qualsiasi genere siano elementi essenziali per la testimonianza religiosa, soprattutto quando si individua un “nemico” da abbattere.

Questa posizione probabilmente nasce dal fatto che il credente musulmano si senta chiamato ad esprimere l’impegno personale per realizzare la volontà di Dio nella quotidianità, correndo il rischio di confondere la volontà di Dio con la sua. Per questo ci si deve porre alcune domande: è possibile che la volontà di Dio si manifesti nella coscienza del credente e gli indichi anche i minimi particolari per un comportamento che porta alla violenza più sfrenata? E a chi si oppone a questo modo di intendere la volontà di Dio, si può usare la violenza solo per  difendersi o anche per offendere?

Sono aspetti che lasciano molti dubbi, ma che contemporaneamente  evidenziano quanto l’elemento religioso si affianchi alle motivazioni di tipo economico, ideologico e politico che conducono alla violenza e al terrorismo.

Infine riflettiamo sulle reazioni espresse nella Chiesa e nel mondo occidentale di fronte all’ondata di violenza dell’ISIS.
Non c'è stato forse un eccesso di prudenza negli atteggiamenti di alcuni personaggi della Chiesa nell’affrontare questa tragedia e nel condannarla e, soprattutto, non è stata espressa attenzione al dramma dei cristiani perseguitati troppo tardi, quando la violenza è arrivata ad un punto di non ritorno?
Inoltre, in conseguenza di questo, anche l’intervento umanitario di aiuto per una popolazione allo stremo per mancanza degli elementi essenziali, è stato organizzato un po’ troppo in sordina.
Siamo di fronte ad una popolazione che rischia di scomparire e c’è un urgente bisogno di sostenerla, di accoglierla, senza mai perdere di vista l’importanza di sviluppare la cultura della pace, che si oppone in modo netto ad ogni forma di fanatismo religioso: la guerra, le teste mozzate, l’odio, la violenza gratuita non possono stare dalla parte di Dio e ogni volta che la dignità umana è aggredita, Dio lo si mette da parte.

E poi l’Occidente, di fronte alla tragedia dei cristiani iracheni, ha dimostrato la sua pochezza: se i rappresentanti dei paesi importanti si muovono, si incontrano e collaborano, non lo fanno perchè motivati da comuni visioni del mondo e della vita, ma per salvaguardare i legami finanziari ed economici del proprio paese: si è convocata qualche riunione e forse si lancerà anche qualche missile nei punti cosiddetti strategici,  ma saranno solo iniziative per tacitare la coscienza, che serviranno ben poco per sostenere i cristiani in Iraq che stanno scomparendo.
A.B.

1 commento:

  1. Comunicato congiunto di cristiani e musulmani contro ogni violenza e guerra nel nome di Dio

    Comunicato stampa n.2 del 02/09/2014


    a cura della Redazione del sito www.ildialogo.org

    Il comitato promotore della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico ha emesso un comunicato congiunto cristiano-musulmano contro ogni violenza e guerra nel nome di Dio in vista della Tredicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico che si terrà il prossimo 27 ottobre 2014.
    Il tema della XIII giornata è «LE RADICI COMUNI: COMPASSIONE E MISERICORDIA, Praticare l’accoglienza reciproca e la riconciliazione».
    Nell'appello congiunto viene ribadito il rifiuto della guerra e della violenza nel nome di Dio e si chiede a tutte le comunità religiose cristiane e musulmane di avviare «un lavoro educativo e teologico teso a promuovere il valore della nonviolenza tra i propri fedeli, togliendo ogni legittimità teologica o religiosa a chi promuova guerre, stupri violenze e intolleranza nei confronti di altri uomini e di altre donne, di bambini e bambine qualsiasi sia la loro fede o il loro orientamento culturale».
    Il comunicato denuncia «chi ha incoraggiato, armato ed organizzato – per calcolo o per interesse – gruppi oggi incontrollabili mossi da logiche e obbiettivi folli, fino a far paventare – come lo stesso papa Francesco ha recentemente riconosciuto – una sorta di terza guerra mondiale».
    Il testo completo dell'appello congiunto è leggibile al seguente link
    Con un fraterno saluto di
    Shalom, salaam, pace
    I promotori della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico
    Per l'elenco dei promotori, per le adesioni e le iniziative vedi la pagina:
    http://www.ildialogo.org/cristianoislamico

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