Impariamo ad inchinarci
di fronte alla sacralità del mistero dell'Uomo, qualsiasi decisione,
espressa o tacita, arrivi dalla sua mente e dal suo cuore.
Impariamo a rispettare,
in silenzio e senza la presunzione di falsi bigottismi, la condizione
estrema di Chi non riesce più a restituire un significato al proprio
vivere.
Impariamo a non sputare
sentenze, quando il nostro corpo, la nostra mente, la nostra volontà
non sono ancora schiacciati, annientati, annullati da una malattia
che non dà respiro e requie.
Impariamo a non
proiettare inutili moralismi su Chi porta il peso di una croce troppo
pesante e, soprattutto, se ci capiterà la sorte di condividerne il
suo carico, cerchiamo di essere consapevoli che inchiodati a quella
croce non ci siamo ancora.
Impariamo l'umiltà di
stare dalla parte dell'Altro, di identificarci, soltanto per un
attimo, nella sconfinata sofferenza dell'Altro, soltanto per un
istante, con la consapevolezza che, forse, la forza di oggi potrebbe
non esserci domani.
Impariamo a riconoscere,
in Sorella Nostra Morte Corporale, qualunque essa sia e in qualsiasi
modo sopraggiunga, un fondamento di dignità, se è vero che è atto
finale, trapasso, ponte da un cammino di vita piena.
Grazie Fabo e, come
direbbe Dante, Tu non ti curar di Loro, presuntuosi e arroganti,
ignoranti sepolcri imbiancati, che pretendono di avere bella pronta e
confezionata la Verità in tasca.
Daniela Villa
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