lunedì 11 maggio 2020

QUANDO TUTTA LA MIA VITA E' FEDE

 Andare a messa era un obbligo sociale, come la buona educazione, salutare il vicino, e non sputare per terra. Non era necessariamente un atto della fede. Anche perché era un precetto ogni domenica e “feste comandate”, sotto pena di peccato mortale. Chi non andava a messa, era l'ateo, l'anticlericale, il
“mangiapreti” (espressioni significative, perché identificano clero e preti col cristianesimo). La messa sembrava un servizio pubblico indispensabile. Veniva servita nei modi e orari più comodi per tutti. Nelle grandi chiese, una messa dopo l'altra, come gli spettacoli del cinema. Si “prendeva” messa. L'importante – se ricordo bene - era arrivare prima della scopertura del calice (cioè l'offertorio) e non andare via prima del Pater noster. Altrimenti, la messa “non era valida”......
Il Concilio, e la storia (nella quale agisce anche Dio) hanno cambiato molto. Oggi sono cristiani quelli che hanno fede in Gesù Cristo, non soltanto chi pensa che Dio esista, da qualche parte. A messa ci vanno per fare come Gesù ha detto di fare, nel suo nome: prendere insieme il pane e il vino ad una mensa (non l'altare dei sacrifici) per donarsi gli uni agli altri, nella vita quotidiana, come Gesù ha fatto per tutti. La messa è per la vita, non la vita per la messa. Le chiese sono riunioni di credenti, non circoscrizioni del territorio. Non sono più piene come una volta, perché non ci si va per obbligo, ma per desiderio spirituale.
Certo, la vecchia mentalità permane, sostenuta da chi, nella società, ha interesse ad una religione che alieni dall'impegno morale e sociale e tenga sottomessi. Si è visto anche nella recente ardua trattativa chiesa-stato sulla ripresa delle messe dopo le chiusure generali per epidemia. Non si può fare feste, matrimoni, funerali, ma la messa è sembrata indispensabile, un diritto, tanto che si è vista impedita la libertà religiosa. Lo stato deve porre le condizioni per tutti i diritti, ma non è tenuto ad assicurare i servizi religiosi più dei trasporti pubblici.
I cristiani sanno tutto il valore dell'eucarestia, più dei funzionari, ma sanno che si vive di fede “in spirito e verità”, non in questo o quel tempio, non nei riti rassicuranti. L'eucarestia è grazia,  promessa, impegno di vita, ma non è un valore che si misura in quantità. Quando è impossibile per serie ragioni, come la tutela sanitaria, non manca la vita cristiana, se c'è la fede.
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Estratto da “www.finesettimana.org” di Enrico Peyretti

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