giovedì 16 febbraio 2017

IL "SONNO" ETERNO

Non si vorrebbero mai leggere notizie come questa: un malato inguaribile chiede di non svegliarsi più. Non di morire, ma di dormire. Non vuole accelerare la morte, non lo ritiene un suo diritto. Lui è un credente. La morte sta arrivando, lui lo sa e la accetta, ma chiede che, nel momento in cui lei giunge al suo letto, lui stia dormendo. Lei avanza a piccoli passi, ogni passo un nuovo dolore, e lui non ce la fa più. Per non avere dolore deve non avere coscienza. Questo chiede.
Mentre alla Camera dei deputati il progetto di legge sulle direttive anticipate e il testamento biologico arranca in Commissione, sommerso da centinaia di emendamenti ostruzionistici, la realtà va quindi avanti da sola. Grazie all’ostinazione di alcuni eroi solitari e di tutti quei medici che, vedendo, toccando, sentendo e vivendo quotidianamente la sofferenza, sanno bene che la dignità umana la si rispetta giorno dopo giorno prendendo sul serio la volontà dei pazienti. Anche semplicemente perché non serve a nulla invocare astrattamente il “principio di dignità” quando poi, di fronte all’agonia di chi è in fin di vita, si resta sordi e ciechi.
«Addormentare non è uccidere, ma se non ci fossero le condizioni mediche per la scelta, non sarebbe ammissibile. Non si tratta solo del diritto di disporre del proprio corpo, ma della necessità che l'atto sia determinato da quella che potremmo chiamare una giustificazione medica. Si tratta di un'attività di tipo sanitario. Il principio è quello di un'azione con finalità positiva da cui non deriva direttamente la morte. È lo stesso fondamento che regge il rifiuto all'accanimento terapeutico», afferma il costituzionalista Professor Cesare Mirabelli.
Ci troviamo anche oggi di fronte al solito scontro, anche tra cattolici, tra chi pensa che l'ultima parola spetta a Dio, per cui c'è vita finché Lui non la toglie, e chi ritiene che in questo momento determinante della nostra fragilità umana bisogna  rispettare la volontà di ognuno affinché le nostre scelte e la nostra volontà siano “uguali” di fronte alla legge, e non dipendano dalla discrezionalità di qualcuno, politico o medico o religioso che sia. In fondo DINO BETTAMIN, che continuava ad assorbire gli scarti che la vita gli offriva, non riusciva a smettere di soffrire e quindi aveva solo bisogno di una pausa, perché non si può non morire e un malato di Sla muore sempre. Di fronte all'ineluttabilità della fine non ci rimane che la rassegnazione.

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