venerdì 14 agosto 2015

MORIRE O DIVERTIRSI?...questo è il dilemma!

 Reagire a queste tragedie significa dunque ripensare globalmente le strategie educative, mirando alla promozione di una piena autonomia di giudizio da parte dei più giovani di fronte a tutte le sostanze potenzialmente pericolose, comprese quelle legali (come alcol, tabacco, farmaci). Significa, come in certe realtà si è fatto, andare (con operatori e servizi) nei luoghi frequentati dai giovani, nelle discoteche, e aprirli, non chiuderli ottusamente, a presenze educative disincantate, capaci di dialogare con l’esperienza reale dei giovani, metterli sull’avviso, “accompagnarli” a volte nella traversata delle loro notti euforiche e inquiete, notti sempre di ricerca, di evoluzione. Certo, significa anche combattere il narcotraffico, le grandi organizzazioni come lo spaccio di strada, ripulire per quanto possibile i ritrovi di massa, pretendere correttezza e trasparenza nella gestione dei locali, e magari riformare le leggi in materia in senso più pragmatico e meno ideologico delle attuali fallimentari e inique normative. Ma significa, più radicalmente, ripensare al vuoto educativo in cui da almeno vent’anni si lasciano crescere le nuove generazioni e alla solitudine e alla povertà di risorse che gravano su chi, a scuola, in famiglia, nella società, coltiva comunque la vocazione e il dovere di non lasciarle allo sbando, dentro una scuola o una discoteca - e di fronte al proprio futuro.
 di Gianfranco Bettin in “Trentino” del 11 agosto 2015

Non è la discoteca di per sé il luogo del “male”: come non lo sono di per sé i giardinetti dove vanno a sballarsi i tossici. Nell’azione di ballare con gli altri fin quasi all’esaurimento si mima l’erotismo come in un grande teatro, in uno sfrenamento collettivo ma con dei limiti, una sorta di gioco del mettersi alla prova al quale i ragazzi non vogliono rinunciare: ma questo rito, al quale i ragazzi partecipano per vivere e non per morire, è reso pericoloso dalla speculazione che lo inquina. E si torna alla questione cruciale: un Io fragile si rompe forse più facilmente in una discoteca, ma in realtà si rompe dovunque la società è fasulla. L’ignoranza che un adolescente o un giovane ha sui suoi bisogni e sulle sue pulsioni è enorme, anche ora che tutti sembrano sapere tutto: e forse lo è di più ora che è appesa a un “mi piace” o a un “non mi piace” che può moltiplicarsi in pochi secondi e distruggerti. I ragazzi hanno paura ad esprimersi con le parole e con i corpi, e questa paura li fa vivere in un modo distorto e falsificato che spesso finisce con lo spezzarli dentro: perché non gli permette di capire la differenza tra le fantasie e la realtà. I ragazzi non chiedono comprensione cieca, ma interlocutori che li vedano sul serio: e non li trovano; chiedono modelli: e trovano burattini o burattinai; chiedono verità: e trovano bugie. La discoteca è il male? Se fosse così semplice sarebbe tutto risolto domani, ma non è così. Il problema è la paura di scoprire e comunicare ciò che si è davvero, e quindi decidere di vivere la propria vita e non la vita degli altri. Ma è un problema solo dei “giovani”, o anche dei cosiddetti “adulti”? Una risposta ci farebbe fare molti passi in avanti: forse ballando, e a ritmo. E in tempi grigi un po’ di musica, anche nel pensiero, farebbe bene a tutti.
 di Giuseppe Montesano in “Il Messaggero” del 11 agosto 2015

Sono aumentati i consumatori di droga? Il numero è più o meno stabile. Crescono però gli adolescenti che ne fanno un uso occasionale perché il costo delle sostanze si è abbassato. Il consumo non è più legato a uno stile di vita, un genere musicale, un’ideologia autoemarginalizzante o anticonformista. Oggi è trasversale e riguarda entrambi i sessi. Per puro scopo edonistico. Nei Sert di Milano ogni anno arrivano 600/700 nuovi casi che si aggiungono ai quattromila già in cura. In totale in città sono novemila considerando anche i servizi privati, i centri diurni, le comunità e le strutture penitenziarie. L’alcol è la droga più diffusa, seguono le metanfetamime, come l’ecstasy, cannabis e droghe sintetiche. C’è una ripresa lenta dell’eroina, che non è mai sparita. Il tossicomane inizia a drogarsi in luoghi di aggregazione, come le discoteche, ma poi finisce a farsi la dose da solo davanti alla tv. Quindi non serve demonizzare le discoteche. Perché si drogano? Il ragazzo si droga per emulazione, perché l’amico gli ha detto che è stata un’esperienza super e non gli è successo niente. Ma il rischio di un infarto o addirittura di rimanerci secchi c’è sempre. Quello che i ragazzi ignorano e che devono assolutamente sapere è che le reazioni alle droghe variano da organismo a organismo. Ci spiega? In generale l’effetto dipende da tre fattori. Primo dal dosaggio, che però non possiamo mai sapere con certezza. Le pasticche vengono prodotte artigianalmente, in modo clandestino, chi le acquista non sa davvero cosa c’è dentro, non è tutelato da nessuno, tantomeno dal pusher, anche lui tenuto all’oscuro. Secondo, dallo stato psicofisico della persona. Terzo dalle circostanze in cui si trova. Impossibile fare una sola diagnosi. E non c’è mai una condizione migliore per consumare droga. Ogni volta è come giocare alla roulette russa. Le droghe sregolano i centri di temperatura corporea, non fanno sentire la fatica, così ci si muove di più, ci si accalda e si creano squilibri degli elettroliti, cioè dei sali minerali, fondamentali per mantenere il ritmo cardiaco. Il rischio a questo punto è la morte. Se poi uno si ferma un attimo, si idrata con dell’acqua non fa che ridurre il rischio ma non lo toglie
in “il Fatto Quotidiano” del 11 agosto 2015

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