sabato 22 agosto 2015

E IL MONSIGNORE SPOSO' LA LINEA PAPALE!

Mons.Galantino interviene a Rimini al Meeting di CL:"Nel nostro tempo scelte pubbliche guidate da interessi e fini immediati.Gli ultimi non sono un limite ma una risorsa"
<<Il nostro tempo è stato, tra l’altro e da più parti, definito come tempo postfilosofico, perché sempre meno attento alla giustificazione razionale degli orientamenti e delle scelte, individuali e pubbliche, guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco meditati, dettati spesso dalla ricerca dell’utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza. Solo apparentemente questo modo di agire è privo di presupposti teoretici e di reali obiettivi. In realtà, presupposti e obiettivi esistono, ma non sono esplicitati; rimangono sotto traccia, quasi non dovessero essere sottoposti a un vaglio attento. A ogni azione o orientamento corrisponde sempre un certo valore che si intende perseguire; sempre vi è alla base dell’agire una certa idea di persona, un ideale di essere umano e di società da raggiungere e verso il quale ci si incammina.
Possiamo dire allora che l’antropologia è l’elemento centrale e propulsivo del nostro operare, perché a partire da come pensiamo la persona umana e il modo in cui dovrebbe vivere, costruiamo, per quanto ci è possibile, un certo tipo di società e di esistenza individuale. Per questo motivo, è essenziale elaborare un’antropologia adeguata, senza la quale si sarà guidati da un’immagine distorta di ciò che siamo o dovremmo essere.....
L’uomo è, nella sua stessa essenza, un “essere-nel-limite”. Non mi riferisco qui al limite morale, cioè al male che talora l’uomo deliberatamente decide di compiere e che ne corrompe l’integrità, danneggiando se stesso e il prossimo..... Se il limite, di cui siamo rivestiti, non è accettato, l’esistenza può trasformarsi in una finzione e divenire il tentativo di svincolarsi dai limiti senza mai riuscirvi, di negare la propria natura finita e la propria pochezza. L’essere umano desidera ciò che è grande e illimitato e tende a raggiungere cose sempre più grandi di quelle che ha. Questo è positivo e non è un male in se stesso. Lo diviene però se egli rifiuta la sua debolezza e intende questi obiettivi come dei diritti, arrivando a pretendere di raggiungerli invece che perseguirli con umiltà. Questo – l’umiltà – è l’atteggiamento interiore che consente di valorizzare il limite, rendendolo un motivo di crescita invece che di rammarico; è la virtù che permette di accettare la propria condizione senza desiderarne un’altra, ma accogliendone le sfide e la bellezza....
Proprio l’esperienza dell’indigenza, infatti, che nasce dal limite, porta al fascino delle frontiere. Il limite allora è una scuola capace di insegnarci quale sia il segreto della vita. Chi è appagato non cerca, né lo fa chi è disperato. Cerca invece chi è povero, cioè chi percepisce il limite come caratterizzante la natura umana e ne fa motivo di crescita. In questo senso la persona va concepita in modo che il limite non sia un accidente, ma costitutivo dell’essere. Se accettato, la coscienza del limite si trasforma in desiderio di aprirsi agli altri e all’Altro, con la a maiuscola, cioè a Dio....
Accogliere il proprio “essere umano” vuol dire, allora, riconciliarsi col proprio essere indigente, senza per questo sentirsi condannati a vivere senza ideali, senza sentirsi condannati a rinunciare al “fascino delle frontiere”. .....
La diffusione del cristianesimo è l’evento che più ha rivoluzionato la storia del mondo e il modo di pensare l’humanum.....il Vangelo riassume tutti i comandamenti, porta a intendere gli ultimi non più come scarti, ma come persone da sollevare e delle quali condividere la sorte. Per questo l’ascolto della parola di Gesù, la meditazione del suo esempio, la contemplazione del mistero della Pasqua, forniscono una luce ineguagliabile sull’uomo e rappresentano un’antropologia del limite già compiuta e nella sua perfezione. A noi sta di coglierne i riflessi per l’oggi e di tradurla nel nostro tempo...
Non significa che ci si debba accontentare, a livello individuale e nella società, di ciò che è mediocre. Non significa neppure che ci si debba appiattire su una moralità che non tende alla perfezione, ma si adagia su un minimo o su una comoda via di mezzo. La non equivalenza di sviluppo e perfezione implica qualcosa di molto più profondo. Essa ha come conseguenza che chi sperimenta qualche forma di difficoltà venga integrato e non scartato; che quanti sono ai margini dello sviluppo siano coinvolti e le loro potenzialità messe a frutto. Una società che fa del limite una risorsa non considera i gruppi e gli Stati per quanto sanno produrre o per le risorse finanziarie di cui dispongono, e tenta anzitutto e con i mezzi di cui realisticamente dispone di risollevare i poveri, per non creare un mondo a due velocità. Lo fa con l’attenzione a tutti i poveri, a quelli che non hanno il lavoro o lo hanno perso, a quelli che provengono da zone più povere ed economicamente arretrate, a quelli che non sono in grado di difendersi perché attendono di nascere e godere della vita....
Anche la Chiesa è sollecitata, da un’antropologia del limite, a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi concrete delle comunità. Le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana....Tuttavia, ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza; tanto ancora dobbiamo crescere nel dar vita a dinamiche autenticamente evangeliche e libere, che manifestino in modo sempre più trasparente la carità da cui siamo stati raggiunti. Una Chiesa che fa del limite una risorsa assume lo stile missionario tanto invocato da Papa Francesco, divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più “ospedale da campo”, chinata sugli ultimi, nei quali è racchiusa la più grande ricchezza, nei quali è presente lo stesso Signore, dai quali spera di essere accolta nel Regno di Dio....
Una persona che fa del limite una risorsa, mette da parte l’istinto a difendersi dagli altri, si apre più facilmente alla condivisione e - per chi crede - trova nella preghiera la via di accesso ai beni più grandi..... Un’antropologia del limite non si traduce in un elogio del limite stesso, ma in un’esaltazione dell’essere umano, capace di generare un ideale di perfezione che tenga conto del limite e lo traduca in storicità, concretezza, incarnazione....>>

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