martedì 8 settembre 2015

PARROCCHIE APERTE?

Bisognerà attendere qualche settimana per capire se l’appello di papa Francesco, durante l’Angelus di domenica scorsa a San Pietro, alle parrocchie e agli istituti religiosi affinché accolgano i migranti («ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia di profughi, incominciando dalla mia diocesi di Roma») avrà effetti concreti o cadrà nel vuoto e coinvolgerà solo una minoranza delle comunità cattoliche, quelle che già da anni lavorano con i migranti. Dipenderà innanzitutto dai vescovi, che Bergoglio ha richiamato in prima persona («Mi rivolgo ai miei fratelli vescovi d’Europa, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello»), e dalla loro volontà di stimolare e aiutare i parroci. La maggior parte tace, almeno per ora, ma qualcuno ha già risposto: il vescovo di Avezzano (Aq), Santoro – questa estate attaccato dai neofascisti di Forza Nuova che affissero di fronte alla cattedrale lo striscione «Per il vescovo prima i clandestini, per Forza Nuova prima gli italiani». –, ha annunciato che ospiterà a casa sua una famiglia di profughi; il vescovo di Cagliari, Miglio, ha cominciato ad organizzare l’accoglienza insieme alla Caritas sulla base della disponibilità ricevuta dalle parrocchie; e la Cei ha fatto sapere che se ne parlerà al prossimo Consiglio episcopale, il 30 settembre, per «individuare modalità e indicazioni da offrire a ogni diocesi». In Europa, i vescovi francesi hanno diffuso una nota in cui si dice che «questo appello ci stimola e ci invita a continuare e ad incrementare le nostre azioni nei confronti dei rifugiati». Altri invece hanno già fatto sapere che non se ne parla proprio, come il cardinale Erdö, arcivescovo di Budapest e primate di Ungheria, il quale – in grande sintonia con il premier Orbán – ha spiegato che la Chiesa ungherese non può rispondere all’appello del papa perché dare ospitalità a migranti irregolari in transito è «illegale».....Poi ci sono i parroci. Molti sono stati “spiazzati” dall’appello del papa. Altri, pur facendo presenti le difficoltà pratiche – l’allestimento degli spazi – e amministrative, si dicono pronti. «Questo appello è un incoraggiamento per noi e sarà efficace anche per superare le perplessità di qualche parrocchiano», spiega don Ben Ambarus,parroco dei Ss. Elisabetta e Zaccaria a Prima Porta a Roma. «Inoltre – aggiunge – se tutti si attiveranno, questo sarà il miglior antidoto ai luoghi comuni e agli slogan razzisti, perché i migranti incontreranno delle persone, racconteranno le loro storie e tanti pregiudizi svaniranno». Don Nandino Capovilla, parroco a Marghera: «È un invito alla concretezza che va accolto, non è più sufficiente organizzare corsi di italiano e partite di calcio». Don Tommaso Scicchitano, parroco a Donnici, periferia di Cosenza, che ha subito rilanciato su Facebook l’appello :«papa Francesco ha chiesto ad ogni parrocchia di accogliere una famiglia di profughi. Che facciamo? Gli diciamo di no?». Don Andrea Bigalli, parroco a Sant’Andrea in Percussina (Fi): «Sono parole in linea con il Vangelo, non si può fare diversamente. Poi però bisognerà anche fermare la guerra, il traffico di armi e le mafie che gestiscono il traffico dei migranti». Con 130mila parrocchie in Europa, 27mila in Italia, migliaia di istituti religiosi e conventi, più tutti gli immobili riconducibili direttamente al Vaticano, il problema ospitalità sarebbe risolto. Molti di questi spazi, però, sono già stati riconvertiti in alberghi e bed & breakfast. Tanto che il prefetto di Roma Gabrielli, nello scorso maggio, a margine di una riunione per trovare qualche centinaio di posti per i migranti arrivati in città, raccontò che furono proprio diversi istituti religiosi a dire no «perché vedono nel Giubileo maggiori possibilità di business». Chissà se adesso il papa avrà più successo.
Luca Kocci in “il manifesto” 

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