lunedì 5 maggio 2014

SAN FRANCESCO IN ROMANIA

Carissimi amici,
sono a voi per condividervi uno scritto molto significativo di quanto ho vissuto in occasione della Festa Patronale della nostra cittadina di Drobeta Turnu Severin, dove la compagnia teatrale  TEATRO SI,della Parrocchia di Bergamo ALta dove sono stata prima di partire per la Romania, ha presentato il Musical Forza Venite Gente in lingua italiana qui in terra rumena.
La figura di san Francesco con il suo messaggio ha coinvolto molto anche la Chiesa Ortodossa e questo é un segno bello di quanto abbiamo bisogno di cercare ciò che ci unisce.
Tramite la Scuola Materna abbiamo potuto essere i promotori di questa iniziativa in collaborazione con altre Associazioni Teatrali locali. Un lavoro di partecipazione davvero grande.
Accompagno a questo breve scritto il mio ricordo nella preghiera per per tutti voi con sincero affetto.
sr. Maria
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Carissimi/e
Condivido il sentimento di gratitudine che in molti hanno già espresso in queste ore “a cado” dopo questi tre giorni così intensi e belli.
Gli sguardi su questa esperienza potrebbero essere molti… sotto aggiungo alcune righe della prospettiva più “ecclesiale” che a me è particolarmente piaciuta.
Ma mi piace sottolineare alcuni altri scorci di questa avventura che unisco al grazie a chi più da vicino si è sobbarcato l’organizzazione del viaggio e della trasferta: Irma, Giovanni suor Maria…
La gratitudine per l’accoglienza che abbiamo sperimentato: un’accoglienza aperta e generosa al di là di ogni aspettativa e diciamolo pure di ogni pregiudizio sui rumeni…
La gratitudine per la semplicità dei gesti che abbiamo ricevuto, credo ci abbia fatto bene la devozione e la fede semplice ma tenace della gente incontrata…
La gratitudine perché il messaggio di Francesco ha parlato attraverso il musical ed è stato ascoltato con attenzione incredibile al di là della barriera della lingua.
Da parte mia poi due motivi di gratitudine speciali.
Il clima che si è respirato nel gruppo: una bella sintonia fatta di spirito di adattamento, di accoglienza gli uni degli altri anche in età così diverse. Un grazie a tutti, ma permettetemi ai giovani in particolare, che si sono mostrati appassionati e perché no maturi anche nel vivere (mi rendo conto per qualcuno costosamente) anche due Messe! Ma credo che si sia percepito il senso…
E -seconda cosa legata a queste- la possibilità per me di stare un po’ di più con tutti perché a casa il tempo è sempre poco e mio malgrado non è facile riuscire a esserci…e invece ho potuto godere di tutti… e anche qui dei giovani in particolare. E conto che i discorsi aperti trovino occasioni per essere continuati.
Mentre ero seduto a vedere ancora una volta senza annoiarmi “forza venire gente” ho un po’ segretamente pregato e continuerò a farlo perché il fascino di Francesco possa raggiungere chi lo ha fatto respirare agli altri mettendo in scena il recital!!! Le domande, le svolte, le scelte di questo giovane sono una provocazione forte. E lui indica i luoghi dove è possibile anche per noi oggi “essere proprio sicuri” di Lui.
Grazie dunque a tutti.
Anche a don Fabio che stando a casa mi ha permesso di essere con tutti voi e ha dovuto fare anche la mia parte di lavoro (scoprendo tra l’altro una bella perdita di acqua nelle tubature dell’oratorio, celebrando due funerali ecc. ecc.)
Sono certo che questa esperienza rafforza il senso dell’essere TeatroSì.
Un abbraccio e buon riposo a tutti.
Un po’ più vostro…
don Alberto



Cristòs a inviàt!”
Adevaràt a inviàt!”
Sono le poche parole che mi sono divenute familiari nei tre giorni vissuti in Romania.
Poteva sembrare strano, al limite della mancanza di rispetto, il fatto che un gruppo di bergamaschi (molti dei quali della parrocchia della Cattedrale) i giorni della canonizzazione di papa Giovanni XXIII fossero in Romania invece che a Roma. Ma a me sembra di aver respirato quel papa Giovanni negli anni del suo servizio in oriente come mai lo avevo gustato.
L’ho sentito vicino in quei giorni.
Anzitutto in quel saluto che la gente di Romania si ripete in modo naturale nel tempo pasquale: “il Signore è risorto!” “E’ veramente risorto!”. E’ stato il dono di una fede semplice, fatta della devozione popolare di un popolo che questa fede l’ha custodita in anni lunghi e bui del regime comunista, della condivisione dell’Eucarestia, della loro accoglienza calda e carica di rispetto per l’ospite come da noi è difficile trovare.
L’ho sentito vicino papa Giovanni nell’incontro con il parroco della piccola comunità cattolica, uomo sereno e zelante che dopo essere stato missionario in Africa è nuovamente missionario nella sua terra custodendo con delicatezza il profumo della gratuità del Vangelo (ma anche facendomi toccare con mano cosa significhi che questa si paga con la sobrietà della vita), cercando di non attirare troppo l’invidia degli ortodossi…
L’ho sentito vicino papa Giovanni mentre in inglese un po’ stentato dialogavo con il parroco della cattedrale ortodossa di Drobeta-Turnu Severin che ci ha accolto con insolito calore mostrandoci con orgoglio gli affreschi della Chiesa non ancora conclusa e raccontandoci della gratitudine nei confronti della nostra Chiesa italiana che concede alcune chiese perché vi si possa celebrare secondo il loro rito. E nell’assistere allo spettacolo della nostra compagnia teatrale su S. Francesco accanto a un altro sacerdote ortodosso (mio coscritto) attentissimo e appassionatissimo al messaggio del musical.
L’ho sentito vicino papa Giovanni mentre ho presieduto per la prima volta una Messa concelebrata da un sacerdote greco-cattolico, anch’esso mio coscritto, con cui poi ho potuto a lungo dialogare e farmi raccontare della sua esperienza di sacerdote sposato, padre di due bimbi, con la fatica a mantenere la sua famiglia e a trovare tempo per la pastorale, e con la fatica di essere “minoranza nella minoranza” e di relazione con la chiesa ortodossa che hanno tratti diversi da quell’accgolienza calda che a noi il giorno prima è stata riservata…
L’ho sentito vicino papa Giovanni pregando nella cappella delle Figlie del Sacro Cuore, ordinata profumata come solo in una casa di suore si può trovare (con una tovaglia al gigliuccio creata come “relax” nelle sere da suor Giuseppina, memoria vivente dell’inizio della presenza di questa congregazione in terra di Romania), gustando il caffè accompagnato dal sorriso squisitamente indiano di suor Bindu, e nell’incontenibile andirivieni di suor Maria che ci ha accompagnato nei mille spostamenti e che dirige la scuola materna. Una scuola dell’infanzia a cui sono iscritti per la maggioranza bambini di famiglie ortodosse o che hanno i genitori di confessioni cristiane “miste” conquistati dalla qualità della scuola e dai valori che vengono comunicati.
Ho gustato una presenza che declina la missionarietà in chiave di collaborazione fra chiese, in uno scambio di doni che sta portando e ancora porterà frutto.
E’ solo una prospettiva di questo viaggio, altri potranno portare altri sguardi, ma mi sembrava bello provare a fissare almeno qualche impressione di quanto vissuto, dell’esperienza di chiesa condivisa in questi giorni. E anche l’assenza da Roma, a cui abbiamo guardato in tv complice l’ora di fuso, tra un tramezzino e l’altro, non è significato distanza dallo spirito di papa Giovanni che abbiamo raccolto e gustato in una versione diversa, ma non meno intensa.
Don Alberto



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