sabato 24 maggio 2014


Francesco e Bartholomeos a Gerusalemme, un abbraccio senza sorprese?

Si parla molto della prossima visita del Papa in Terra Santa (24-26 maggio) e ci si interroga sulla sua portata ecumenica. Quali speranze una simile visita - e un simile visitatore - possono far sorgere sul piano ecumenico?
Vorrei anzitutto ricordare una regola fondamentale che sembra spesso dimenticata: in ecumenismo vi sono sempre almeno due partner (e solitamente anche di più) e non uno solo – fosse pure il Santo Padre, che d’altronde preferisce il titolo di Vescovo di Roma, che presuppone l’esistenza di altri Vescovi per altre sedi. Dovremmo quindi interrogarci piuttosto sul significato dell’incontro a Gerusalemme di Francesco, Papa della Chiesa cattolica, con Bartholomeos, Patriarca ecumenico ortodosso di Costantinopoli.
Un secondo aspetto è importante: per la teologia cattolica, il Papa è il capo visibile della Chiesa e quindi anche di ogni singolo Vescovo e Patriarca cattolico; non è così per la teo­logia ortodossa: un Patriarca ortodosso non ha altro capo che il Cristo; in compenso agisce sempre collegialmente con il proprio sinodo. Ciò significa che il Patriarca di Costantinopoli, nonostante il titolo di «ecumenico», non può venire a Gerusalemme e compiervi qualche gesto senza il consenso del Patriarca ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III. È lui, per gli ortodossi, che accoglie i due visitatori, ma questi è totalmente dimenticato, tanto dai giornalisti, quanto, probabilmente, dalla maggior parte dei teologi e dei curiali cattolici.
Di fatto non c’è traccia del suo nome nel programma della visita disponibile sul sito della Santa Sede. Eppure è lui, insieme al Patriarca armeno e al Custode francescano di Terra Santa, che accoglierà i due visitatori nella Basilica dell’Anastasis (Santo Sepolcro), dove si farà memoria, come proposto da Bartholomeos fin da quando ha invitato Francesco, del cinquantesimo anniversario del primo e unico incontro simile avvenuto nel secondo millennio: quello tra Paolo VI e Athenagoras I nel gennaio 1964.
Vi saranno poi altri incontri tra i due leader delle rispettive Chiese: uno alla Delegazione apostolica, in cui verrà firmata una dichiarazione comune; l’altro nella residenza secondaria del Patriarca ortodosso di Gerusalemme, l’indomani (ambedue solo di mezz’ora); e, infine, la cena al Patriarcato latino, dopo l’incontro all’Anastasis, al quale parteciperanno «i Patriarchi e i Vescovi», nonché «il seguito papale». È evidente il poco peso accordato al Patriarca ortodosso locale. E dunque, poiché tutto è pensato in una logica «romana», c’è poco da aspettarsi sul piano ecumenico. Tutto è già prestabilito, calibrato e programmato, così da evitare ogni sorpresa.
È importante, infine, un terzo elemento: il cristianesimo è nato in Terra d’Israele e ogni Chiesa trova in Gerusalemme la sua Chiesa madre, ma la realtà ecclesiale della Terra Santa non corrisponde – sarei tentato di dire «per niente» – alla teologia: qui la «Chiesa madre» esiste solo in «Chiese figlie» che dipendono tutte da altre Chiese più «autorevoli», più «potenti» o, banalmente, più ricche (a Roma, in Grecia, altrove nel Medio Oriente, in Gran Bretagna, ecc.).
Che cosa possono sperare allora le Chiese di Gerusalemme da questo incontro? Forse il riscaldarsi delle relazioni, già non cattive fra di loro e fra i cristiani. Poca cosa dunque, a meno che... Sì, i due che s’incontreranno sono Francesco e Bartholomeos: ora, sia l’uno sia l’altro sono persone imprevedibili capaci di suscitare la sorpresa. Quale? Non si sa, ma è questa che aspetto e spero.
Daniel Attinger
Pastore della Chiesa riformata di Neuchâtel (Svizzera), 
membro della Comunità di Bose dal 1968, ha vissuto per molti anni a Gerusalemme







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