domenica 23 marzo 2025

UN 'ALTRA OTTICA

Il mondo in cui viviamo ci sollecita continuamente ad accaparrarci tutto il bene possibile: di più è meglio. Più riesco a impadronirmi di una certa posizione, situazione, esperienza o relazione che sia, più sono forte. Inattaccabile, al sicuro: in cima alla graduatoria, la prima della lista. Più sono in grado di disporre di qualcosa – e, purtroppo, spesso anche di qualcuno – più sto realizzando un disegno grandioso. E mi sto illudendo di poter alienare da me quella scintilla di vulnerabilità e fragilità che è propria di tutti gli umani, e che è il sale dell’essere umano. 

Sto credendo a un’immagine di me che è assoluta, e, insieme, assolutamente fuorviante: se non penso io a me stessa, affannandomi voracemente a procurarmi di tutto e di più, prevalendo su chi ho accanto, allora chi lo farà per me? Sto abdicando, assolutizzandomi, al mio essere creatura in relazione. 

Il punto di svolta è nella mia interpretazione. Nei piccoli ma decisivi stadi di maturazione che il mio sguardo compie nel leggere la realtà. Non è il possesso a liberarmi dalla paura, dall’ansia di essere al sicuro, perché stringere nodi non può liberare. La pietra d’angolo, la sola chiave possibile è l’ottica del dono: se scopro che ciò che tengo fra le mani non è una proprietà che mi spetta ma un regalo prezioso che sono chiamata a custodire, raccoglierò frutti gustosi e gratificanti. Spezzerò vita con altre e altri, e, solo così, la moltiplicherò.

(Melania Condò)

martedì 18 marzo 2025

SEMINARE

 

Ciò che seminai nell’ira

crebbe in una notte

rigogliosamente

ma la pioggia lo distrusse.


Ciò che seminai con amore

germinò lentamente

maturò tardi

ma in benedetta abbondanza.

(Peter Rosegger)

mercoledì 5 marzo 2025

QUANDO IL GIUDIZIO DIVENTA LA NOSTRA SALVEZZA ...

Noi esseri umani impariamo a stare al mondo interagendo con gli altri, specialmente con le figure di riferimento che ci accudiscono. La dimensione relazionale è lo spazio in cui ci appropriamo della nostra umanità. Fin dall’infanzia, osserviamo e riproduciamo comportamenti e modi di fare che, intrecciandosi con i nostri bisogni, plasmano i nostri desideri, i nostri modelli di pensiero, il nostro modo di concepire la vita e, di conseguenza, il nostro modo di amare.

Giudicare la realtà intorno a noi è un processo inevitabile: è il modo in cui interiorizziamo le informazioni e le organizziamo dentro di noi. Ogni giudizio nasce da un confronto tra il nostro mondo interiore e ciò che accade fuori. Quando giudichiamo qualcuno, non stiamo solo dicendo qualcosa su di lui, ma stiamo anche rivelando molto di noi stessi. Spesso, ciò che critichiamo negli altri è in realtà una parte di noi che non vogliamo vedere e riconoscere.

A poco serve dichiarare che quello che stiamo vedendo dell’altro è “oggettivo”. Appellandoci all’oggettività stiamo dichiarando che quello che vediamo non riguarda il nostro modo di guardare, bensì riguarda solo l’esterno. Riveliamo così la nostra cecità all’altro. C’è qualcosa che non vogliamo vedere di noi, che non ci piace e che proiettiamo all’esterno. Più tentiamo di ignorarla, più l’ombra agisce nell’oscurità, emergendo attraverso proiezioni e giudizi severi sugli altri.

L’altro non è solo il bersaglio del nostro giudizio, ma anche uno specchio che ci permette di vedere ciò che da soli non saremmo capaci di riconoscere. Quando giudichiamo, abbiamo l’opportunità di interrogarci su noi stessi, di comprendere cosa quel giudizio sta rivelando di noi. La sfida è smettere di puntare il dito e orientare l’attenzione all’interno. Alla fine, è la relazione che ci salva. Non possiamo proprio salvarci da soli.


Flavio Emanuele Bottaro SJ 

sabato 1 marzo 2025

LUCE E VERITA'

Dal Vangelo secondo Marco : «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce»

La luce che dimora in noi non è un accessorio, ma una necessità esistenziale. Non splende per esibire l’ego ma per illuminare, per trasformare noi stessi e il mondo. Accogliere questa luce è scegliere la verità, sempre, anche quando richiede di andare controcorrente. Solo chi si apre alla luce può comprendere la propria vocazione e lasciare un’impronta che arricchisce gli altri.

Essere luce nel mondo significa permettere alla verità di espandersi oltre i confini individuali, irradiare speranza, ispirare gli altri e costruire una comunità fondata sull’amore, che cresce solo quando viene donato. Perché la crescita spirituale non si compie nell’accumulare, ma nel traboccare.

Sorella Monica del Monastero di Bose

Lettori fissi

Archivio blog