martedì 24 settembre 2019

Appello al Parlamento e al Governo per l'abrogazione dei cosiddetti Decreti Sicurezza e Sicurezza bis e l'annullamento degli accordi con la Libia


Noi cittadini e cittadine, organizzazioni della società civile, enti e sindacati chiediamo al Parlamento e al Governo di abrogare al più presto le disposizioni in materia di asilo, immigrazione e cittadinanza contenute nei c.d. decreti Sicurezza (d.l. n. 113/18 convertito con legge n. 132/18) e Sicurezza-bis (d.l. n. 53/19 convertito con legge n. 77/19) e di annullare gli accordi con la Libia, in quanto violano i principi affermati dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni internazionali, producono conseguenze negative sull’intera società italiana e ledono la nostra stessa umanità.

In particolare, riteniamo imprescindibili ed urgenti i seguenti interventi, che auspichiamo siano immediatamente adottati dal Governo mediante decreto legge:
  1. - Reintrodurre la protezione umanitaria
Il d.l. n. 113/18 ha abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che era rilasciato in presenza di seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali.
Di conseguenza, decine di migliaia di persone che pure avrebbero diritto all’asilo ai sensi dell’art. 10 della Costituzione o che si trovano in condizioni di estrema vulnerabilità per gravi motivi di carattere umanitario, vivono oggi nel nostro Paese senza poter ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, condannate così all’emarginazione e allo sfruttamento. Tra questi, anche molti cittadini stranieri che avevano già trovato un inserimento lavorativo e che, in seguito alla perdita del permesso di soggiorno, non possono più essere impiegati regolarmente.

Per questi motivi riteniamo necessario e urgente reintrodurre la protezione umanitaria.

  1. - Abrogare la norma riguardante la residenza dei richiedenti asilo
In base a un’interpretazione restrittiva del decreto Sicurezza, nella maggior parte dei Comuni italiani i richiedenti asilo non vengono più iscritti all’anagrafe. L’impossibilità di ottenere la residenza determina enormi problemi nell’inserimento lavorativo e nell’accesso ai servizi, contribuendo a ostacolare l’inclusione sociale dei richiedenti asilo e il raggiungimento dell’autonomia.

Per superare tali problemi, è a nostro avviso fondamentale abrogare la norma del decreto Sicurezza riguardante l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.


  1. - Ristabilire un sistema nazionale di accoglienza che promuova l’inclusione sociale di richiedenti asilo e titolari di protezione
In seguito all’entrata in vigore del d.l. n. 113/18, i richiedenti asilo non possono più essere inseriti nel sistema di accoglienza gestito dai Comuni (ex-SPRAR), ma possono essere accolti unicamente nei CAS, strutture prefettizie spesso di grandi dimensioni e prive di servizi fondamentali come i corsi di italiano, l’orientamento lavorativo e la mediazione interculturale. Viene così ostacolata l’inclusione sociale delle persone accolte e la loro positiva interazione con i territori.


Dall’entrata in vigore del decreto, inoltre, migliaia di titolari di protezione umanitaria sono stati costretti a lasciare i centri d’accoglienza e abbandonati per strada.
Il progressivo smantellamento del sistema di accoglienza ha infine comportato la perdita del posto di lavoro per migliaia di operatori e operatrici, senza un’adeguata copertura e accompagnamento degli ammortizzatori sociali.

Per questi motivi riteniamo fondamentale reintrodurre il diritto all’inserimento nello SPRAR dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione umanitaria e, in attesa del rilancio dello SPRAR quale sistema unico di accoglienza, prevedere che i CAS rispettino standard analoghi a quelli SPRAR, con azioni per l'inclusione sociale, la formazione e l'inserimento lavorativo delle persone accolte.

  1. - Abrogare le norme riguardanti i divieti per le navi impegnate nei salvataggi
Il decreto Sicurezza bis ha introdotto una serie di norme finalizzate a impedire l’arrivo in Italia delle navi che trasportano cittadini stranieri soccorsi in mare. Tali norme hanno comportato gravi violazioni del diritto internazionale, che impone agli Stati di indicare alla nave che abbia soccorso dei naufraghi un porto sicuro dove farli sbarcare nel più breve tempo possibile. In attuazione del d.l. n. 53/19, uomini, donne e bambini, già provati dalle violenze subite in Libia, sono stati trattenuti per settimane sulle navi soccorritrici, in condizioni inaccettabili.
Inoltre, come affermato dallo stesso Presidente della Repubblica, le pesantissime sanzioni previste per le navi che violino il divieto d’ingresso in acque territoriali, risultano assolutamente sproporzionate. Il risultato complessivo del decreto Sicurezza-bis, ostacolando l’operato delle navi umanitarie e scoraggiando le navi commerciali dall’intervenire nei salvataggi, è di aumentare le morti in mare.

Per questi motivi riteniamo imprescindibile ed urgente abrogare le norme del decreto Sicurezza-bis che prevedono divieti e sanzioni nei confronti delle navi impegnate nei salvataggi.


Numerose altre norme introdotte dai decreti Sicurezza andrebbero a nostro avviso abrogate al più presto, tra cui le norme che ostacolano il rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati al compimento dei 18 anni e quelle che condizionano i fondi della cooperazione agli accordi sui rimpatri, le disposizioni in materia di trattenimento ed espulsione, le norme relative alla procedura d’asilo e quelle in materia di cittadinanza.

Auspichiamo infine che il Governo annulli immediatamente gli accordi con il Governo libico e che, fatti salvi gli interventi di natura umanitaria, non vengano rifinanziati quelli di supporto alle autorità libiche nella gestione e controllo dei flussi migratori. I migranti intercettati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica e riportati forzatamente in Libia vengono infatti sistematicamente rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, e sono sottoposti a torture, stupri e violenze. Rinviare persone bisognose di protezione verso un Paese non sicuro, come dichiarato anche dall’UNHCR e dalla Commissione europea, viola la nostra Costituzione e il diritto internazionale ed è contrario ai valori fondamentali di umanità.

Le modifiche fin qui auspicate sono assolutamente necessarie, ma di certo non sufficienti, per affrontare la complessa questione dei flussi migratori. E’ evidente l’esigenza di una più generale riforma della legislazione in materia di asilo (inclusa la reintroduzione del secondo grado di giudizio di merito per le domande d’asilo), immigrazione (prevedendo canali di ingresso regolari e forme di regolarizzazione su base individuale dei cittadini stranieri già presenti nel nostro Paese, come nella proposta di legge di iniziativa popolare già all'esame della Camera) e cittadinanza (a partire dal disegno di legge approvato alla Camera nel 2015).


Così come è imprescindibile che l’Italia reclami con forza, in seno all’Unione europea, una revisione del Regolamento Dublino che preveda una equa ripartizione di responsabilità tra tutti i Paesi europei sulla base di criteri che tengano anche conto dei legami significativi dei richiedenti asilo, l’attivazione di una missione di ricerca e salvataggio europea in grado di fermare le morti in mare, con la cooperazione di tutti gli Stati membri, nonché il rilancio di una politica estera e di cooperazione allo sviluppo in grado di promuovere la pace e i diritti umani e ridurre le disuguaglianze nel mondo.

Riteniamo che, in attesa di tali più complessive riforme, l’abrogazione delle disposizioni dei decreti Sicurezza e Sicurezza-bis sopra citate e l’annullamento degli accordi con la Libia rappresentino un primo passo fondamentale affinché i salvataggi in mare non vengano più ostacolati, e le persone accolte in Italia siano inserite in percorsi di accoglienza integrata e diffusa che consentano una loro positiva inclusione nella società italiana.


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