mercoledì 5 settembre 2018

BASTERÀ IL SILENZIO DI PAPA FRANCESCO?

La Chiesa è preda di una congiura, in cui l'abisso della vergogna pare senza fondo?
Papa Francesco  si rivolge al “popolo di Dio” e in riferimento al Vangelo che parla del tentativo degli abitanti di Nazareth di eliminare il problema e di soffocare la verità,che è Cristo, dice che «La verità è silenziosa, non è rumorosa», e quindi c’è un’unica scelta da fare «con le persone che cercano soltanto lo scandalo, la divisione, la distruzione: silenzio»: ma Lui deve uscire dal silenzio! Anzitutto per ricordare con forza e ad alta voce a tutti i cristiani più che mai esterrefatti che uno solo è sacerdote, “grande sacerdote”, dice la Lettera agli Ebrei, ricordata in Lumen gentium. E che quel sacerdote lì non può mancare alla Chiesa, al di là di tutte le vicissitudini del tempo. Rileggiamo tutti il Vangelo di Giovanni sul “buon pastore”, sola “porta delle pecore”. L'istituzione – in questo caso il sacerdozio ministeriale – non è la corona sacra della Chiesa. È invece, se ben compresa, e con i suoi limiti, umile servizio per il tempo presente, per la presenza sacramentale di Cristo per il popolo dei battezzati. Che è tutt'altra cosa rispetto a ciò che lascia immaginare il mondo dei “principi della Chiesa”. Ed è questo che ci porta al nocciolo del problema: l'imperiosa necessità che si impone oggi di rivedere radicalmente la nostra ecclesiologia. Perché è una maniera deficiente, squilibrata e presuntuosa di intendere e di vivere il potere presbiterale ad essere, in gran parte, a monte dei crimini di pedofilia e degli scandali di autorità. Una teologia piramidale della Chiesa ha sempre supportato l'identità di prete come cristiano d'élite, al di sopra degli altri battezzati, che ha giurisdizione sulla vita degli altri. L'onnipotenza che ne deriva autorizza necessariamente gli eccessi, in particolare nel togliere gli ostacoli all'esercizio di fantasie di alcuni. Questa realtà deve essere oggi interrogata con coraggio.
Non possiamo più attenerci ad una ecclesiologia elaborata ed attuata esclusivamente dal clero.
Bisogna che la Chiesa sia pensata a più voci.
In ogni caso, nell'istituzione, tutti, chi più chi meno, sono necessariamente coinvolti nel dramma del
momento, dato che esso è in rapporto con un ordine ecclesiale problematico, che favorisce in particolare una colpevole legge del silenzio. Stando così le cose, e di fronte a tutte queste pericolose manovre che contribuiscono a peggiorare la crisi, è importante che si affermi con forza che c'è un bisogno imperioso del ministero di papa Francesco. Lui resta, in questo mondo incerto e minaccioso, la massima autorità morale capace di opporsi a funeste ideologie nazionaliste, a politiche di chiusura e di esclusione, che fomentano gli odi e rabbuiano il futuro della comunità umana. Papa Francesco resta anche, per la Chiesa, il pastore essenziale che, con una fermezza eccezionale, dà consistenza al sacerdozio dei battezzati, ancora recentemente con Gaudete ed exsultate, mostrando che la santità è vocazione di tutti, indissociabile dal battesimo. È anche colui che ricorda, con un vigore che fa superare al suo discorso i confini della Chiesa, che la misericordia  è tutto il messaggio evangelico, e quindi anche ciò che deve essere messo in atto nel nostro rapporto col mondo, al di là delle ristrette visioni moralizzatrici che sfigurano il discorso cattolico. Non si tratta di entrare in una logica di rapporti di forza, molto praticata sia all'esterno come all'interno della Chiesa. Ma di far sapere, come cristiani, ciò di cui abbiamo bisogno da parte dell'istituzione per attenerci fedelmente alla missione affidataci da Cristo.
Certo, l'ostinazione di papa Francesco, fin dalla sua elezione, ad invocare e a comunicare “la gioia del Vangelo” può sembrare oggi totalmente irreale. A meno di immergersi profondamente nel Vangelo, per far fronte alla situazione.
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Estratto di Anne-Marie Pelletier
in “www.la-croix.fr” del 28 agosto 2018

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