sabato 27 gennaio 2018

EPPURE TUTTI SAPEVANO!

Il 17 dicembre 1942 i governi U.S.A., U.R.S.S., inglese e di vari Paesi democratici dell’Occidente pubblicarono una dichiarazione congiunta in cui si affermava, “…le autorità tedesche non paghe di aver negato a persone di razza ebraica i più elementari diritti umani in tutti i territori sui quali si è esteso il loro barbaro dominio, stanno ora mettendo in atto le intenzioni di Hitler, spesso ribadite, di sterminare il popolo ebraico in Europa”.

In effetti le intenzioni di Hitler erano ben note e dichiarate, prime ancora che i nazisti prendessero il potere in Germania; tuttavia erano state sintetizzate in un discorso del 30 gennaio 1939, pronunciato dal dittatore davanti al Reichstag, “…se il giudaismo internazionale dell’alta finanza dentro e fuori l’Europa fosse riuscito a trascinare i popoli in un’altra guerra mondiale la conseguenza non sarebbe stata il trionfo del giudaismo, bensì l’annientamento della razza ebraica in Europa”
E fu di parola. Scoppiata la guerra nel settembre dello stesso 1939, gli Ebrei, già discriminati in Germania e spesso soppressi, furono posti allo sterminio indiscriminato in tutti i Paesi occupati dalla Wehrmacht. Le notizie dei massacri arrivarono negli Stati Uniti e nell'Inghilterra e sui loro quotidiani molto presto e certamente in numero sempre più cospicuo dal 1941 e a cominciare dall’attacco alla Russia. Tuttavia si trattava di notizie poco ascoltate, di episodi non riconducibili, almeno negli articoli pubblicati, ad un vero e proprio genocidio, ad uno sterminio.
Parecchi pregiudizi ponevano ostacoli precisi. Si temevano le esagerazioni in capo alla propaganda di guerra dei Paesi occupati, Polonia in prima battuta; si temevano reazioni di resistenza filo/patriottica da parte della popolazione tedesca spaventata da eventuali rappresaglie degli alleati; faceva velo la cultura anti/giudaica prevalente in Europa ed in America anche ad opera delle Chiese cristiane, infine si riteneva che le priorità da porre in campo non potessero riguardare la questione ebraica, ma la vittoria militare. Questi ostacoli o pregiudizi furono in parte superati nel 1942 quando alcune fonti di informazione arrivarono in Inghilterra e negli Stati Uniti da testimoni diretti della Shoah. Nell’estate dell’anno succitato arrivarono informazioni da un industriale tedesco anti/nazista, Eduard Schulte; egli possedeva alcune miniere nei pressi di Auschwitz, nei territori occupati della Polonia. Alcuni operai che lavoravano alle sue dipendenze e frequentavano per lavoro i campi di sterminio presso Birkenau gli testimoniarono della soppressione giornaliera di migliaia di Ebrei. Vennero informate le ambasciate americana ed inglese a Ginevra. Tuttavia i rispettivi governi non vollero coinvolgere l’opinione pubblica fino al dicembre del 1942 perché temevano di distogliere l’attenzione dalle finalità prioritarie di vincere la guerra. Quando però la Croce Rossa internazionale prima e l’ufficiale della Resistenza polacca Jan Karski dopo insistettero per una presa di coscienza del problema, si arrivò alla dichiarazione, prova inequivocabile della conoscenza di uno sterminio in atto. Karski, cattolico praticante era stato in incognito nel ghetto di Varsavia, aveva assistito ad esecuzioni aberranti nel campo di Izbica Lubelska, presso Belzec e fuggito prima in Inghilterra e poi in America ne aveva potuto informare i rispettivi governi. Eppure nonostante le informazioni, gli alleati ritennero prioritaria la conduzione delle operazioni militari, E non cambiarono neppure opinione nell’estate del 1944, quando due Ebrei fuggiti da Auschwitz/Birkenau testimoniarono dell’intenzione e dei preparativi per la deportazione degli Ebrei Ungheresi. Lo stermino era ben noto: ne sapevano pressoché tutto, ma non la ritennero questione prioritaria.
Dal blog "Appunti Alessandrini".

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