domenica 2 luglio 2017

SI ALLA VITA E AD UNA DOLCE MORTE, NON ALL'ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Il caso del piccolo Charlie ha ancora una volta diviso e scatenato una mobilitazione che non porterà in nessun luogo perché purtroppo penso che a volte è necessario rassegnarsi all'impotenza della medicina e accettare il divenire del corso umano e naturale. Sicuramente non sarà stato lasciato nulla di intentato, ma una volta accertata la diagnosi e stabilita l’ineluttabilità della condizione, bisognava rassegnarsi all’impotenza della medicina e prendere una decisione certamente drammatica, esattamente come si fa con un neonato anencefalo che nasce vitale. E cosa poteva fare una cura “sperimentale” in un soggetto in cui sono inesorabilmente colpite miliardi di cellule in organi vitali?
Il piccolo Charlie avrebbe sicuramente avuto una mamma e un papà stupendi che lo avrebbero amato più di se stessi, ma che in questa situazione, come in tante altre, non hanno avuto l'adeguata attenzione chiara e precisa di una medicina che troppo spesso ha fretta e non si decide ad affrontare nei termini più umani possibili il problema di una morte dolce e condivisa. Non abbiamo ancora imparato a rispettare i valori fondamentali e a creare un contorno ideale perché ai genitori sia consentito di dare fino in fondo tutto l'amore possibile al loro bambino.

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