Questa iniziativa – che non è piaciuta ad alcuni i quali, senza contestarla apertamente, non hanno assunto alcuna iniziativa né avviato la discussione... - risponde a un bisogno già manifestato negli anni cinquanta da Pio XII: l’emergere di un’opinione pubblica nella chiesa, di un confronto che, invece di tacitare i conflitti o ignorare i nuovi problemi, li affronti e cerchi di risolverli con il discernimento ecclesiale.
Soprattutto sui temi inerenti alla famiglia e
alla sessualità era diventato necessario ascoltare quanti vivono la realtà del
matrimonio cristiano o della vita di coppia e dare voce anche a quelli che si
sentono in situazione di difficoltà o di contraddizione rispetto al magistero
tradizionale della chiesa. Ascoltare! Operazione non solo necessaria in tutte le
relazioni umane, ma anche profondamente cristiana, essenziale per vivere la
comunità dei credenti, cioè la chiesa.
Ebbene, da questo lungo e intenso confronto
preparatorio, il questionario ha ricevuto una gran quantità di risposte,
mostrando quanto le comunità siano vivaci e capaci di esprimere in modo motivato
le loro considerazioni, anche nel coinvolgimento dei mutamenti culturali e di
costume avvenuti in questi ultimi decenni soprattutto nelle chiese di antica
tradizione cristiana occidentale. Per due anni ci sarà un cammino veramente
sinodale di tutta la chiesa su questi temi così urgenti.
Contemporaneamente – e non poteva essere
altrimenti – aziende e organismi internazionali operavano sondaggi per conoscere
le differenti posizioni delle popolazioni dei vari paesi. In questi giorni
appaiono sui media i dati, in verità non così sorprendenti per chi conosce le
valutazioni etiche e morali di cui è capace la gente comune. Certo, appare
evidente in Italia – l’Italia considerata cattolica, “zoccolo duro del
cattolicesimo“ come amano definirla alcuni ecclesiastici – un disaccordo
rispetto alle posizioni della chiesa più marcato che non in altri paesi.
Questo ci interpella? Forse il disaccordo dipende
dal fatto che in Italia l’etica non è così determinante come in altri paesi? Gli
italiani pensano che il divorzio non costituisca peccato così come pensano che
il non pagare le tasse non sia peccato? Come mai in Italia – paese in cui la
percentuale (80%) di chi si definisce cattolico o frequenta la messa domenicale
è la più alta di tutte le circa venti nazioni “cattoliche” occidentali – si
disattende così largamente ciò che pensa la chiesa?
E come mai, soprattutto negli ultimi due decenni,
c’è stato questo vistoso allontanamento dalla chiesa da parte delle donne e
delle nuove generazioni? E come leggere il dato che in Italia – pur nella
denuncia ostinata della pedofilia – quasi un cittadino su tre ritiene
ammissibili relazioni sessuali con minori?
Purtroppo sui media appaiono molte
semplificazioni che suscitano attese e speranze sbagliate nei confronti della
chiesa cattolica su situazioni sovente vissute nella sofferenza e nella fatica,
ma sulle quali è necessario anche conoscere ciò che nel vangelo appare ispirante
e determinante. La chiesa, infatti, deve sì ascoltare l’umanità, ma deve anche
essere capace – in obbedienza a quella che per lei è “parola del Signore” – di
operare un discernimento per riconoscere anche la mondanità che può essere
presente nelle richieste e nelle valutazioni dei cattolici.
È un dato evidente che oggi una certa mondanità
alligna in tutta la chiesa e perciò anche nel popolo dei credenti: anche nello
spazio cristiano abita una dominante di resa al mondo, di accoglienza di una
cultura che contraddice il vangelo perché idolatra. Ora, l’idolatria è un falso
umano, non teologico: è infatti alienazione e impedimento a un cammino di
autentica umanizzazione.
Ci basti come esempio il matrimonio. C’è una
parola precisa di Gesù sulla non bontà del divorzio, alla quale il cristiano
deve fare obbedienza. La chiesa, nel richiedere questa obbedienza, deve mettersi
in ginocchio, deve proclamarla senza arroganza né spirito di condanna nei
confronti di chi infrange questa volontà di Dio, ma non può tacerla o negarla.
Che senso ha, allora, chiedere se i divorziati
devono essere ammessi alla partecipazione eucaristica? Quali divorziati? Quelli
che fanno della vita di coppia un’avventura? Quelli che non hanno né esigenze
etiche né saldezza nella fede? Oppure quelli che hanno vissuto il matrimonio
senza le condizioni necessarie perché fosse un vero sacramento, dunque
indissolubile, e che poi in una nuova unione mostrano fedeltà, perseveranza e
capacità di compiere un autentico cammino cristiano?
Sì, conosciamo bene nella vita di ogni giorno
quanti sono i fallimenti nella vicenda del matrimonio. E conosciamo anche molti
che trovano in una nuova unione una via che conosce l’amore fedele, la
perseveranza, una vita rinnovata che cerca di realizzare le esigenze cristiane.
Con un vero discernimento, senza fretta ma dopo un tempo congruo che possa
testimoniare una determinazione di amore fedele e di “fare storia” nell’amore,
sarà possibile la riammissione eucaristica? Non potremmo ascoltare dalle chiese
ortodosse la loro prassi millenaria nella quale si cerca di vivere la vocazione
cristiana del matrimonio indissolubile nell’economia della misericordia?
La relazione del cardinal Kasper tenuta in questi
giorni ai cardinali riuniti in concistoro è voce non solo di un grande teologo,
ma di un pastore che conosce bene la situazione del gregge, così come conosce
bene la parola del Signore: verità nella misericordia, sempre.
La chiesa non può svuotare il vangelo o
annacquarlo, ma può ricercare e leggere, più in profondità, le nuove condizioni
in cui sono immessi i credenti e discernere se ci sono possibilità di
considerare un nuovo cammino matrimoniale come autentico e coerente con le
parole di Gesù. Noi credenti siamo tutti peccatori, e i peccati mutano da una
persona all’altra, ma tutti li commettiamo e ne siamo responsabili.
Certo, alcuni peccati non sono intimi, nascosti,
bensì pubblici: per questo la chiesa vuole che visibilmente appaia coerenza tra
la vita pubblica e le esigenze della partecipazione all’eucaristia, ma le
situazioni sono molto diverse e la chiesa deve imparare a discernerle per
accompagnare ciascuno con misericordia nel cammino della verità. Del resto, come
diceva già il concilio di Trento, l’eucaristia è anche per la remissione dei
peccati, è viatico per il credente pellegrino e penitente. Non si dimentichi che
la legge secondo il vangelo vige finché non avviene il peccato ma, consumato il
peccato, deve regnare la misericordia.
Nessun legalismo, allora, nessuna rigidità, ma
anche nessuna grazia a basso prezzo. Fra etica dominante ed etica cristiana non
c’è identificazione, anche se i cristiani devono ascoltare le istanze
provenienti dalla società. Ma i discepoli di Cristo devono avere anche il
coraggio della “differenza”, dell’essere sale della terra, capaci di dare sapore
alla vita umana e di impegnarsi per l’umanizzazione e l’autentica libertà di
tutti.
ENZO BIANCHI,La Stampa 23 febbraio 2014
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domenica 23 febbraio 2014
LA CHIESA ASCOLTI IL MONDO di Enzo Bianchi
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quand'è che finiamo con questi articoli penosi e spesso confusionari... da giornalistica di cassetta?
RispondiEliminameglio leggere il resoconto chiaro di quanto detto dal card. Kasper sul tema, mille volte piu chiaro
ora metto questo indirizzo negli spams
saluti
Luciano INZOLI
luciano_inzoli@hotmail.com
RispondiEliminaRISPONDO ALL'AMICO LUCIANO CON UN ARTICOLO di Angela Ambrogetti
Diciamoci la verità, di cose nuove non ce ne sono molte. Il Concistoro straordinario ha rimesso sul tavolo le solite questioni ormai un po’ ammuffite sul tema “famiglia” senza affrontare i problemi davvero gravi. La relazione introduttiva del Cardinale Kasper è stata di “ampio respiro”, una larga visione sulla antropologia cristiana della famiglia, una serie di citazioni di testi ormai classici sul tema della famiglia e la questione, che sembra la sola ad interessare, della pastorale per i divorziati risposati.
Dai briefings quotidiani di Padre Federico Lombardi esce davvero poco su cosa stia succedendo nell’ aula del sinodo tra i 150 cardinali. Una atmosfera serena e costruttiva,..., fedeltà alla dottrina e necessità di una pastorale misericordiosa. Ma i testi, a cominciare da quello del cardinale Kasper, rimangono top secret, tranne le solite veline lasciate uscire con furbizia. Quindi impossibile in effetti capire che cosa succede davvero tra i cardinali. Considerando che il tema “famiglia” riguarda essenzialmente i laici e quindi la gran parte della opinione pubblica, suona strana tutta questa segretezza. Anzi sa un po’ di clericalismo.
Se i Padri devono parlare di “pastorale familiare” sarebbe bene che certe istanza passassero grazie ai media nel dibattito pubblico, nei movimenti, nelle parrocchie. Certo i media dovrebbero avere la capacità di parlare dei temi e non solo essere i portavoce di questo o di quello. Insomma ci dovrebbe essere una collaborazione più sincera tra Chiesa e media.
Intanto quello che è certo è ciò di cui i cardinali non hanno parlato: matrimonio omosessuali, morale sessuale, tra cui il problema della procreazione responsabile, impegno popolare per la difesa della famiglia.
Si è parlato invece di come accompagnare nella penitenza i divorziati risposati alla Eucaristia. Ma cosa si intenda per “cammino penitenziale” nel concreto non è stato detto. Almeno alla stampa.
Insomma tutto è avvolto in uno stretto riserbo. Ed è bene così dice Padre Lombardi. Se il testo di Kasper venisse pubblicato gli si attribuirebbe il valore di pronunciamento del Concistoro, invece è solo un testo di partenza per le riflessioni che sono molto varie, spiega il direttore della Sala Stampa. Sembra che non ci sia una grande fiducia nei media.
Del resto è anche vero che la questione non è semplice e si deve basare su solide fondamenta dottrinale e magisteriali. Insomma ci vogliono degli esperti. Chi sarebbe però più esperto sulla famiglia se non le famiglie stesse? Una vera novità e apertura sarebbe stata quella di far fare la relazione introduttiva non solo da un cardinale, ma anche da qualche laico che certi problemi li vive sulla propria pelle. Altro che Congregazione dei laici.