Qualche giorno prima del conferimento del premio, la teologa tirolese Martha Heizer, che qualche mese fa aveva sposato la proposta dei “disobbedienti” di rendere possibile l’eucaristia senza sacerdoti grazie a forme private di celebrazione – scontrandosi così con il netto disaccordo del vescovo di Innsbruck mons. Manfred Scheuer che l’aveva condannata come prassi da riferire immediatamente in Vaticano, annunciando inoltre l’avvio di un’indagine preliminare in proposito –, ha deciso di lanciare il guanto della sfida al Vaticano, affermando la propria volontà di andare avanti nel suo progetto, a costo di incorrere nella scomunica.
In realtà, Heizer non vuole parlare di «eucaristia privata» ma di «messa nella chiesa domestica», come ha puntualizzato in un’intervista al quotidiano austriaco Der Standard (6/4) in cui annunciava di voler celebrare in questo modo le liturgie del triduo pasquale. Non si tratta, ha sottolineato, di imitazioni dell’Eucaristia, come si vuole far credere: «Siamo cinque ed ogni volta è sempre diverso. Sediamo intorno a un tavolo. È una normale celebrazione dell’Eucaristia, come in parrocchia. Usiamo solo la Bibbia, come testo. Preghiamo spontaneamente e personalmente. Abbiamo pane e vino e chiediamo allo Spirito di trasformarli, e di trasformare anche noi. Mangiamo e beviamo insieme, cantiamo e preghiamo molto». «Non mi importa ricevere un riconoscimento dall’esterno», ha aggiunto. «Per noi si tratta di un’Eucaristia, ne siamo felici e ci fa bene». «Nella Bibbia, Gesù ha detto “Prendete e mangiate”, non “Prendete e mangiate quando c’è un prete”», ha aggiunto. «Il cambiamento viene dal basso». A giudicare da quanto afferma la stessa Martha Heizer, la piccola comunità è già incorsa in un interdetto, ossia una sorta di scomunica comunitaria, con la quale i componenti sono esclusi dalla celebrazione di atti pubblici. Potrebbero, tuttavia, essere individualmente colpiti da scomunica.
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