Con questi obiettivi è stata vissuta la Conferenza che ha avuto come protagonisti alcuni dei familiari di padre Paolo, il fratello Giovanni e le sorelle Francesca e Immacolata.
“Nel 2013 l’Isis non era ancora nato, forse ci si poteva andare a Raqqa a sapere qualcosa. Ora la città è occupata dai nostri alleati della Nato, ma a noi sono giunte solo rassicurazioni verbali che si sta lavorando per arrivare a una verità. Sono sei anni che non siamo riusciti a sapere nulla, è vero che è stato rapito in una zona di guerra ma alcune zone sono state ormai liberate dal novembre 2017”, dice Francesca Dall’Oglio.
“Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né vivo, né morto. Si poteva fare molto di
più e vorremmo anche capire il giallo della sua valigia ritrovata col portafogli. Da parte delle istituzioni non abbiamo mai avuto informazioni certe. Manca la percezione che si sia davvero lavorato per Paolo. Non sappiamo se in questi anni sia stato fatto un lavoro di riscontro delle notizie. Abbiamo avuto rassicurazioni e solidarietà ma c’è bisogno di trasparenza che allontani da noi la sensazione che sia stato utilizzato per fini politici”, rimarca ancora Francesca. “Siamo in un limbo – le fa eco Immacolata, l’altra sorella del gesuita, che ha mostrato una delle ultime fotografie scattate al sacerdote durante una vacanza in Italia -. È viva in noi la speranza di riabbracciare Paolo, siamo malati di speranza: tutto può succedere ma quello che oggi è più forte è la necessità di informazioni e di giustizia”.
“Paolo - dice ancora Francesca - per me rappresenta qualcuno che ha cercato di dare sempre un senso alla sua vita, di essere coerente e di testimoniare l’amore per l’altro che lui vedeva incarnato proprio nella relazione tra musulmani, cristiani, ma tra esseri umani che soprattutto si relazionano gli uni con gli altri anche nelle situazioni più difficili e conflittuali”.
L’incontro di oggi, ha spiegato Francesca, mira a tenere alta l’attenzione sul missionario e sulla
situazione in Siria. “Quella parte del mondo è entrata nella nostra vita – afferma -. È quasi una grazia perché attraverso Paolo viviamo la sofferenza e la tragedia di questo Paese, di questo popolo. È un modo di sentire questa guerra sulla nostra pelle”.
Padre Paolo “era innamorato della Siria –ricorda Giovanni Dall’Oglio - . Si è speso tanto per quel Paese per il quale ha dato tutto. Speriamo sempre che possa ritornare a casa”. Siamo qui per rifare il punto. “Dal governo? Abbiamo avuto non segnali. Questo vuoto, questa assenza...vorremmo capire di più. Vorremmo avere più attenzione”, aggiunge Giovanni, così come avevano fatto Francesca e Immacolata.
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