venerdì 14 dicembre 2018

NON E' MAI TROPPO TARDI...

Il 28 novembre il parlamento italiano ha approvato il cosiddetto decreto Salvini, che prevede la cancellazione della protezione umanitaria per chi non ha diritto all’asilo ma non può tornare nel suo paese. Subito dopo diversi comuni hanno applicato la norma, spingendo centinaia di persone in un limbo. La chiesa cattolica ha espresso la sua profonda disapprovazione. “Da parte nostra il discorso è molto chiaro. Prima di tutto deve prevalere un senso profondo di solidarietà. Non si possono mettere le persone in queste situazioni. Al centro dev’esserci sempre la persona umana e la sua dignità”, ha dichiarato Pietro Parolin, segretario di stato vaticano.
Il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, ha offerto quaranta letti in una struttura di proprietà della chiesa per accogliere chi rischia di essere espulso. “E se non dovessero bastare i posti letto? Ho già parlato con gli altri vescovi: apriremo le porte delle chiese, di ogni singola parrocchia nel nostro territorio”, dice Peri: “Qui non si tratta di politica. Qui si tratta di stare dalla parte degli esseri umani. Pensate che in Italia, in questo momento, è reato abbandonare i cani per strada, mentre non lo è abbandonare le persone. Anzi, abbandonare uomini, donne e bambini è richiesto da una legge”.
E non è finita qui!
Mons. Giancarlo Maria Bregantini (arcivescovo di Campobasso-Boiano, ex vescovo di Locri) in un articolo pubblicato sul settimanale 'Famigli Cristiana' ha le idee chiare: «Non si può invitare a fare il presepe e non accogliere negli Sprar una coppia vera di giovani sposi che hanno avuto un bimbo qualche mese fa e che ora sono per strada. Non si può venerare il crocifisso senza aver solidarietà con i crocifissi della storia».
«Sono molto belle le nostre tradizioni religiose popolari», continua mons. Bregantini sempre a proposito del presepe, «ma guai se ci accontentiamo solo di questa bellezza. Anzi, quello che viviamo in queste dimensioni religiose diventa ipocrisia se non c'è raccordo con quello che si vive nella realtà quotidiana. Si rischia di andare contro il mistero stesso che celebriamo».
Quello dell'arcivescovo di Campobasso è un invito alla coerenza: «Che facciano il presepe, ma non contro qualcuno. Che mettano il crocifisso, ma sapendo che questo non basta. Chi prepara il presepe e appende il crocifisso sappia che mette il cuore dentro una linea di solidarietà».
Parole che arrivano in ritardo? Forse. Ma sicuramente utili alla Chiesa stessa che riemerge con la profondità del messaggio umanamente cristiano, contro le falsità di chi si nasconde dietro un nazionalismo che rifiuta e divide.

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi

Archivio blog