sabato 4 agosto 2018

SE IL SINGOLARE SOFFOCA IL PLURALE

Non molto tempo fa mi trovavo in un negozio per fare degli acquisti. Al momento del pagamento, al
titolare che, tra l’altro, era anche un mio amico, dico: «Senti, tieniti basso con il prezzo perché non
pago con i soldi miei ma con quelli della parrocchia!». Vicino a me c’era una signora, anch’essa una
mia conoscente, che mi guarda stupita e mi dice: «Don Aldo! Che fai? Ragioni al contrario? È
quando i soldi sono tuoi che devi fare più attenzione!».
Ed io, di rimando: «No, signora cara! Io, con i soldi altrui sono più esigente che con i miei! E
ritengo le cose della Comunità più importanti di quelle mie personali! E ritengo la strada più
rispettabile del cortile di casa mia!».
Lascio il negozio tra il sorriso intrigante dell’amico negoziante e lo stupore stralunato della signora
interdetta.
Lascio il negozio ma non la riflessione, che per strada mi continua ad investire con domande
impertinenti, ma anche con incontri imprevisti e sorprendenti.
Incontro, camminando, don Milani che mi dice: «Certe cose, caro Aldo, non sono spontanee, ma si
imparano assumendo delle responsabilità. I miei ragazzi di Barbiana, per esempio, imparavano
insegnando. Se vai a leggere la loro Lettera ad una Professoressa, sin dall’inizio vi troverai scritto
che ‘il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è
l’avarizia’».
In effetti il grande male delle società moderne, massificate e parcellizzate, è che l’individuo non si
percepisce più come appartenente ad un gruppo. Il virus individualista ha derubato la coscienza
moderna di una certezza elementare, e cioè che si sta tutti sulla stessa barca...
Il soggetto, ridotto a individuo, non si percepisce più come «nodo di relazioni», così come lo intendeva Raimon Panikkar, ma vive la sua individualità come fosse una monade apolide e considera la relazione interumana del tutto estranea all’identità soggettiva. Un processo di sradicamento e delocalizzazione delle persone che vivono le particolarità di un luogo senza sentirsene parte...
Sempre cammin facendo incontro un altro grande sacerdote, don Tonino Bello, che con il suo magro e solare sorriso mi dice: «Altro che ‘relazioni’. L’acidità ci inquina. Stiamo diventando corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio. L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà. Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura al prossimo. E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente». (Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità).
Questa la tragedia dentro la quale oggi ci tocca vivere.
Rientro in casa come se entrassi nel mondo: i libri, i giornali e le riviste che invadono il mio studio formano un coro che si unisce alla voce della mia coscienza e che anche in questa denuncia mi dice che non sono solo.
Vedo il volto austero e cupo del filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche, che nel 1887, un anno prima di scendere nel buio della sua follia, annunciava profeticamente l’«avvento dell’Individuo sovrano», uguale soltanto a se stesso, riscattato dall’eticità dei costumi, miope divoratore di diritti propri senza coscienza di doveri.
Ascolto il giornalista Ezio Mauro che scrive ad alta voce: «Quando il cittadino si rinchiude nell’esercizio privato dei suoi diritti e li coniuga soltanto al singolare, non mette nulla in movimento, e diventa per questo irrilevante, numero ma non soggetto» (La Repubblica del 22 Febbraio 2018).
Leggo il teologo Vito Mancuso che scrive: «L’incipit giovanneo ‘in principio erat verbum’  potremmo tradurlo anche: ‘in principio la relazione’. Perché linguaggio di Dio è la relazione che crea armonia, non il dictatus che crea sottomissione!».
È una sinfonia che il chiasso sguaiato delle solitudini in conflitto non ascolta.
_______________________________________________________________________
di Aldo Antonelli in “Rocca” n. 15/16 del 15 agosto 2018

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi

Archivio blog