sabato 4 ottobre 2014

IL VESCOVO BODE:PIU' APERTI SUL TEMA DELLA SESSUALITA'

intervista a Franz-Josef Bode, a cura di Katholische Nachrichten Agentur

Il vescovo di Osnabrück Franz-Josef Bode chiede che la Chiesa in temi come famiglia e sessualità tenga conto della coscienza personale dei fedeli e sottolinei maggiormente le grandi convergenze.
A pochi giorni dall'inizio del Sinodo sulla famiglia in Vaticano, il vescovo Franz-Josef Bode 
sollecita la Chiesa cattolica a maggiore apertura in temi come famiglia e sessualità. Anche molti 
cattolici impegnati non si interessano più della dottrina della Chiesa sulla sessualità, ha dichiarato Bode mercoledì in un'intervista a KNA. E neppure vogliono una Chiesa che punti il dito contro le 
persone. “Dobbiamo essere più cauti e tener maggiormente conto dell'autonomia della coscienza personale”.
Bode, che è anche presidente della Commissione pastorale della Conferenza episcopale tedesca, si è inoltre mostrato convinto che ci sia una grande convergenza tra il forte desiderio d'amore, di affidabilità e fedeltà che c'è nelle persone, e i valori sostenuti dalla Chiesa. 
“In questo modo possiamo impegnarci positivamente e incoraggiare le persone a osare l'avventura del matrimonio e della famiglia”.
La Chiesa deve però tener conto del fatto che le situazioni di vita delle persone sono fortemente 
cambiate. “Se non osiamo fare alcun passo in questo ambito e abbiamo sempre solo paura che si rompano gli argini, rischiamo di irrigidirci”. 
A suo avviso sarebbe un segnale importante per molti “se sentissero che la Chiesa si muove, che i vescovi colgono questi cambiamenti nella loro complessità, che non li demonizzano subito, che invece ne discutono seriamente”.
In riferimento all'atteggiamento da tenere con i divorziati risposati, il vescovo trova molto positivo 
il fatto che papa Francesco voglia un vero dibattito nel sinodo. È chiaro che in discussione non vi è l'indissolubilità del matrimonio. Ma d'altro canto la Chiesa deve porsi la domanda se debba sempre “considerare una seconda relazione come un adulterio che continua nel tempo, per la qual cosa non ci si possa più accostare alla comunione. O invece ciò che di nuovo è nato in un secondo matrimonio civile non può forse rinviare, in un modo diverso, non sacramentale, all'amore e alla magnanimità di Dio?” Su questa base si pone la domanda di come la Chiesa si debba porre di fronte ai fallimenti di determinati progetti di vita: “La comunione è solo un premio per chi è già “perfetto” o non invece anche un rimedio per coloro che hanno bisogno di aiuto?”

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