mercoledì 20 settembre 2023

LA LEZIONE DI LAMPEDUSA

Nei giorni scorsi gli abitanti di Lampedusa hanno dato al mondo una lezione di solidarietà e di accoglienza aprendo le loro porte, dando da mangiare e ospitando nelle loro case gli immigrati che continuano a sbarcare sulla loro isola. Non hanno perso tempo con discorsi politici o di profonda riflessione, ma si sono chiesti subito : “ Di cosa hanno bisogno queste persone? “ e così mentre in Europa si rafforzavano le misure contro questa “nuova invasione”, a Lampedusa  e in molti altri angoli d'Italia “si aggiungeva un posto a tavola”. 
A pensarci bene tutti noi siamo immigrati. Già perché nessuno di noi era in questo mondo ma il giorno della nostra nascita siamo subito stati accolti senza troppi ma o perché, anzi nonostante fossimo bisognosi di tutto, tutta la famiglia era lì ad attenderci, a mostrarci che c'era un posto per noi e che già eravamo uno di loro! 
Allora entriamo nella consapevolezza che ciascuno di noi è lui stesso un ospite dell'umanità. In fondo i Lampedusani, che da sempre meritano il Nobel per la Pace o come i famosi striscioni “Santi Subito!”, hanno, come dice Enzo Bianchi su La Repubblica del 18/9/2023, risposto alla vocazione profonda dell'uomo: la mia umanità si completa e si realizza quando accolgo l'umanità dell'altro. E poco importa se appartiene a un’altra etnia, a un’altra fede, a un’altra cultura: è un essere umano, e questo deve bastare affinché noi lo accogliamo. 
«Contenere il fenomeno delle migrazioni con un’operazione militare è come pensare di fermare un uragano con le mani» racconta Juan Matìas Gil, capomissione Sar di Medici senza frontiere, lui che ha alle spalle decine di interventi in mare, con migliaia di vite messe in salvo. «Queste misure sono uno slogan» ripete più volte Gil. Perché? Perché l’approccio militare alle migrazioni può servire per tenere alto il consenso dei governi, ma è semplicemente la ripetizione di cose già fallite in passato. Si trascurano le cause dei flussi migratori e si pensa che con interventi a valle, che si sono peraltro già dimostrati inefficaci, si possano risolvere i problemi. Invece, occorre capire che i profughi in partenza dal nord Africa sono disposti a tutto, non hanno nulla da perdere.  
Non siamo di fronte all'invasione di potenziali nemici, ma alla necessità di comprendere il valore dell'ospitalità come grado di civiltà della nostra nazione, perché la loro presenza  allarga i nostri orizzonti e dilata il nostro cuore fino ad abbracciare gli estremi confini del mondo.
Nei prossimi giorni in occasione della commemorazione del decennale del naufragio del 3 ottobre, si inaugura a Milano, presso il Memoriale della Shoah, una mostra, «La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo», in cui vengono esposti gli oggetti rinvenuti sui corpi dei naufraghi. Una bussola, una macchinina rossa, una boccetta di profumo, uno specchietto, un telefono cellulare. La forza di quegli oggetti è che ci costringono a riconoscere che la nostra vita è piena delle stesse cose... Dare dignità a quegli oggetti significa fare un passo verso la costruzione di una memoria condivisa, una memoria comune, quella degli esseri umani. 

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