Si torna a perseguitare gli ebrei, l’orrore di una storia millenaria non è finito. La denuncia di Papa
Francesco è netta, scandita ai fedeli durante l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. Il
pontefice ne parla a braccio, mentre legge la sua catechesi sugli Atti degli Apostoli e l’arrivo a
Corinto di San Paolo, «trovò ospitalità presso una coppia di sposi, Aquila e Priscilla, costretti a
trasferirsi da Roma a Corinto dopo che l’imperatore Claudio aveva ordinato l’espulsione dei
giudei...».
È qui che Francesco alza lo sguardo sulla piazza e aggiunge: «Il popolo ebraico ha sofferto tanto,
nella storia. È stato cacciato via, perseguitato... Nel secolo scorso abbiamo visto tante, tante
brutalità che hanno fatto al popolo ebraico, e tutti eravamo convinti che questo fosse finito. Ma oggi
incomincia a rinascere qua, là, là, l’abitudine di perseguitare gli ebrei. Fratelli e sorelle, questo non
è né umano né cristiano. Gli ebrei sono fratelli nostri e non vanno perseguitati. Capito?».
Le parole del Papa arrivano in un momento nel quale si moltiplicano gli atti di antisemitismo in
tutta Europa, e in Italia la senatrice a vita Liliana Segre è stata costretta ad avere una scorta per le
minacce ricevute: una donna che è tra i testimoni più alti della Shoah e ha tatuato sul braccio il
numero 75190, «non si cancella, è in me, sono io il 75190».
Del resto accade da tempo, lo stesso Francesco aveva già messo in guardia il Vecchio Continente
dal ritorno dell’odio contro gli ebrei. Un anno fa, il 23 settembre 2018, visitò la Lituania e parlò a
Vilnius, la «Gerusalemme del Nord», dove il 96 per cento dei duecentomila ebrei lituani fu
sterminato dai nazisti.
Un mazzo di rose gialle, due minuti di preghiera silenziosa nel luogo dove sorgeva il Grande Ghetto
— quarantamila persone — liquidato dai tedeschi il 23 settembre 1943.
Quel giorno, dalla periferia dell’Europa, il Pontefice aveva avvertito del pericolo: «Come si legge
nel Libro della Sapienza, il popolo ebraico passò attraverso oltraggi e tormenti. Facciamo memoria
di quei tempi, e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo
qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore
delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena».
________________________________________________________________________
Gian Guido Vecchi in “Corriere della Sera” del 14 novembre 2019
Nessun commento:
Posta un commento