Qualche settimana fa abbiamo assistito, all'interno di una certa Chiesa, ad una presa di posizione evangelica chiara e illuminante. Don Massimo Biancalani, sacerdote di Pistoia, ha ospitato nelle strutture della parrocchia un
gruppo di migranti, alcuni dei quali clandestini, ed ha osato portarli
anche in una piscina pubblica. Non è mancata una certa reazione. Un gruppo di chiara tendenza politica, tentò di presenziare alla messa celebrata da
don Biancalani per “controllare la sua dottrina cattolica”, quasi a dire
che l’attività di accogliere gli immigrati e di aiutarli non fosse un
atto pienamente evangelico, quindi fuori dal messaggio cristiano... e sappiamo poi come andò a finire.
Ora. Mi viene da chiedermi:non c'è forse posto per gli uni nella Chiesa e non sarebbe meglio espellere gli altri?
E' S. Paolo che ci offre l’occasione per uscire da questa situazione: “non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare”.
Questo mondo: è il mondo dell’arroganza, della violenza gratuita, della
furbizia, dell’indolenza, del modo di vivere troppo spesso basato
sull’ingiustizia.
S. Paolo, a chi vuol essere credente sul
serio, invita a dissociarsi da questo tipo di mentalità, a reagire,
altrimenti si corre il rischio di assuefarsi.
A questo proposito voglio ricordare un fatto accaduto qualche anno fa. In un paese della Pianura Padana morì un immigrato indiano
clandestino, a causa del supersfruttamento lavorativo e per il caldo.
Era alle dipendenze di un agricoltore che, forse, la domenica
andava a messa come “buon cattolico”, ma di notte partecipava alle ronde
illegali contro gli immigrati. Arrivò addirittura ad obbligare gli altri immigrati clandestini a
trasportare il cadavere lontano, fuori dalla sua proprietà. Ci fu una
denuncia per omicidio colposo e per utilizzo di manodopera irregolare e
probabilmente ci fu anche una condanna.
Ma il fatto presenta anche un altro
risvolto non meno grave. Una signora credente del posto volle far
celebrare una messa di suffragio, ma nessun prete della zona fu presente: fu chiamato da fuori un altro
sacerdote per celebrare la memoria di Cristo crocifisso e risorto.
Quel giorno i preti che, potendo, non
parteciparono per non inimicarsi l’ambiente in cui vivevano ed
operavano, è come se avessero perduto il diritto di celebrare
l’Eucarestia. In quella situazione è prevalsa la “mentalità del secolo
presente” da cui S. Paolo ci invita a dissociarci.
Come cittadini di uno Stato di diritto,
come credenti nel Dio di Gesù Cristo che si è identificato con chi è
povero ed escluso, non possiamo accettare che il comandamento dell’amore
venga distrutto o monopolizzato per difendere una civiltà che pur
chiamandosi credente, cristiana o cattolica, presenta drammaticamente un
volto disumano e colpevole.
Il mondo che si considera civile e
cristiano, ma che rifiuta immigrati, irregolari, poveri, considerandoli
come stracci usati, come bubboni da estirpare in nome del turismo, del
decoro della città, della sicurezza o di altre banalità, è il segno
evidente di una società egoista e malata, un mondo senza futuro perché
sta dimenticando di essere stato anch’esso affamato ed emigrante.
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