martedì 8 ottobre 2013

CHIAVE DI LETTURA PER CAMBIARE...

Papa Francesco, incontrando i Vescovi brasiliani a Rio durante il suo soggiorno per la Giornata Mondiale della Gioventù dello scorso luglio, ha lanciato nuovi segnali alla Chiesa, è tornato a tracciare un cammino. Dobbiamo riprendere le sue riflessioni, i suoi suggerimenti e ripensare le nostre iniziative alla luce di quelle indicazioni. E’ un vocabolario su cui riflettere.

Unità. Il Papa, ricordando la storia del ritrovamento della statua della Vergine, stimola a procedere nell’unità: “Muri, abissi, distanze presenti anche oggi sono destinati a scomparire. La Chiesa non può trascurare questa lezione: essere strumento di riconciliazione. In Aparecida, sin dall’inizio, Dio dona un messaggio di ricomposizione di ciò che è fratturato, di compattazione di ciò che è diviso”. Poi sottolinea l’importanza della semplicità: “I pescatori coprono quel mistero della Vergine con il manto povero della loro fede. Chiamano i vicini per vedere la bellezza trovata; si riuniscono intorno ad essa; raccontano le loro pene in sua presenza e le affidano le loro cause. Dio si fa portare a casa. Egli risveglia nell’uomo il desiderio di custodirlo nella propria vita, nella propria casa, nel proprio cuore. Egli risveglia in noi il desiderio di chiamare i vicini per far conoscere la sua bellezza. La missione nasce proprio da questo fascino divino, da questo stupore dell’incontro. Parliamo di missione, di Chiesa missionaria. Penso ai pescatori che chiamano i loro vicini per vedere il mistero della Vergine. Senza la semplicità del loro atteggiamento, la nostra missione è destinata al fallimento”.

Non pensare solo alle risorse. Egli continua con altri aspetti importanti. Ad esempio quando ricorda che i risultati dell’impegno pastorale non si basa sulla ricchezza, sull’imponenza delle risorse, ma sulla creatività dell’amore. La tenacia, la fatica, il lavoro, la programmazione, l’organizzazione – dice Francesco –sono necessarie, “ma prima di tutto bisogna sapere che la forza della Chiesa non abita in se stessa, bensì si nasconde nelle acque profonde di Dio, nelle quali essa è chiamata a gettare le reti”.

La grammatica della Semplicità. Un’altra lezione da ricordare è che la Chiesa “non può allontanarsi dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del Mistero e resta fuori dalla porta del Mistero, e, ovviamente, non riesce ad entrare in coloro che pretendono dalla Chiesa quello che non possono darsi da sé, cioè Dio. A volte, perdiamo coloro che non ci capiscono perché abbiamo disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente. Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile “pescare” Dio nelle acque profonde del suo Mistero”.

Dialogo. Pone poi, Francesco, la questione (“il mistero difficile”) della gente che lascia la Chiesa; “persone che ritengono che ormai la Chiesa non possa offrire più qualcosa di significativo e importante. Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta. Di fronte a questa situazione che cosa fare?”

Ed ecco la risposta che è anche indicazione di un impegno, di un invito, di un programma. “Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso”. Ancora l’invito a saper dialogare, a incontrare l’altro alle periferie dell’esistenza (economica, culturale, morale, spirituale, sociale), a fare del dialogo non tanto una modalità, uno strumento, ma soprattutto uno stile, una mentalità, un atteggiamento. Per questo “serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme. Dando calore al cuore dei discepoli di Emmaus, come Gesù”. A chi organizza dibattiti per spiegare i motivi su cui riteniamo si fondi la famiglia e il genere delle persone, un invito a riflettere sullo stile più che sui principi.

Formazione. Poiché, per il Papa, serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo, egli si chiede e chiede agli operatori pastorali (e a tutti coloro che si dicono credenti): “siamo ancora una Chiesa capace di riscaldare il cuore? Una Chiesa capace di ricondurre a Gerusalemme? Di riaccompagnare a casa? In Gerusalemme abitano le nostre sorgenti: Scrittura, Catechesi, Sacramenti, Comunità, amicizia del Signore, Maria e gli Apostoli… Siamo ancora in grado di raccontare queste fonti così da risvegliare l’incanto per la loro bellezza?”. Da ciò deriva l’importanza di “promuovere e curare una formazione qualificata che crei persone capaci di scendere nella notte senza essere invase dal buio e perdersi; di ascoltare l’illusione di tanti, senza lasciarsi sedurre; di accogliere le delusioni, senza disperarsi e precipitare nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità”. Serve, quindi, una revisione a fondo delle strutture di formazione e di preparazione del clero e del laicato, dice ancora Francesco. Del resto, se ci pensiamo bene, la formazione laicale è, ultimamente, abbastanza debole o comunque non rispondente alle vere sfide dell’oggi.

Ascolto e pluralismo. Un altro aspetto sottolineato da Papa Francesco riguarda la necessità di sapere (o ritornare ad) essere una chiesa “lenta”: per ascoltare, per ricucire e ricomporre. Una Chiesa non travolta della frenesia dell’efficienza, ma capace di saper accordare il passo con le possibilità dei pellegrini, con i loro ritmi di cammino. Come pure invita a costruire una rete di “testimonianze” che, parlando lo stesso linguaggio, assicurino dappertutto non l’unanimità, ma la vera unità nella ricchezza della diversità. Quello del pluralismo nella Chiesa è uno dei temi sensibili, e difficile da realizzare, ma essenziale se non utilizzato per dividersi o per emarginare le posizioni più critiche o “profetiche”. Uniti nella diversità. “Non tanto diversità di idee per produrre un documento, ma varietà di esperienze di Dio per mettere in moto una dinamica vitale”. Una dinamica per una “pastorale” che non è altra cosa che l’esercizio della maternità della Chiesa “capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore”.

Libertà, laicità, trascendenza. Una pastorale missionaria che tenda (parlava alla Chiesa Brasiliana, ma è valido per tutti) che tenda a rinforzare la famiglia, che rimane cellula essenziale per la società e per la Chiesa; a preoccuparsi dei giovani, che sono il volto futuro della Chiesa; e promuova il ruolo delle donne. Questo orienta anche il compito della Chiesa nella società: “Nell’ambito della società c’è una sola cosa che la Chiesa chiede con particolare chiarezza: la libertà di annunciare il Vangelo in modo integrale, anche quando si pone in contrasto con il mondo, anche quando va controcorrente, difendendo il tesoro di cui è solo custode, e i valori dei quali non dispone, ma che ha ricevuto e ai quali deve essere fedele. Educazione, salute, pace sociale: per rispondere adeguatamente a tali sfide non sono sufficienti soluzioni meramente tecniche, ma bisogna avere una sottostante visione dell’uomo, della sua libertà, del suo valore, della sua apertura al trascendente”.

Ambiente. E in ultimo, trovandosi nella nazione che comprende nei propri confini l’Amazzonia, c’è stato anche il forte richiamo al rispetto e alla custodia dell’intera creazione che Dio ha affidato all’uomo non perché la sfrutti selvaggiamente, ma perché renda il creato un giardino.

Questo lo stimolo del Papa, che in altra occasione (ad Aparecida ai responsabili dell’episcopato sud americano) aveva richiamato anche altre parole che devono sempre essere presenti in quanti operano per testimoniare il Cristo e il suo Vangelo: Rinnovamento interno della Chiesa, Dialogo con il mondo attuale, La tentazione della ideologizzazione del messaggio evangelico, il clericalismo (“il parroco clericalizza e il laico gli chiede per favore che lo clericalizzi, perché in fondo gli risulta più comodo. La proposta dei gruppi biblici, delle comunità ecclesiali di base e dei Consigli pastorali vanno nella linea del superamento del clericalismo e di una crescita della responsabilità laicale”). Teniamolo presente anche in Italia.
by Redazione Appunti Alessandrini:Carlo Baviera.


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